Sono sola per qualche giorno. Consuelo e Linda sono tornate in Italia, Pietro è in giro tra Sucre e Uyuni, per scattare qualche foto e Stefano, il nuovo volontario, arriverà mercoledì pomeriggio…
Avrei voluto fermarmi un attimo, cogliere l’occasione di questo momento di solitudine per riflettere un po’, raccogliere le idee e scrivervi con dovizia di particolari gli accadimenti, ma da giovedì mattina riesco a fermarmi solo ora, in questa assolatissima domenica pomeriggio.
Le settimane corrono e come sempre le esperienze che vivo sono molto intense, alcune veramente ricche di insegnamenti. Vorrei poter scrivere di ogni singolo momento, di ogni frammento di vita trascorsa qui… ma è tutto talmente veloce e talmente rapido il susseguirsi delle cose che dovrò come sempre scegliere qualche episodio in particolare da raccontarvi.
La settimana scorsa ho rivisto Miguel Angel, che da una ventina di giorni è in prova alla PIL, una ditta di latticini molto grande qui in Bolivia… In prova. Non si sa per quanto tempo, quanto sarà la sua paga e nemmeno quando lo pagheranno…insomma il massimo della stabilità e della certezza!...siamo in Bolivia… Ma Miki è contento, perché per lo meno ha una occupazione e un obiettivo e un senso nelle sue giornate. Come promesso, l’ho accompagnato ad iscriversi a scuola guida. Un gesto concreto dell’Associazione Laboratorio Solidale nell’accompagnamento al reinserimento post penitenziario… Miki era contentissimo, sorridente, felice di questa possibilità. Quando “Casa Solidaria” prenderà piede, Miki sarà il nostro braccio destro, autista, tuttofare, logista… e a lui questa cosa gli da un entusiasmo grande… Avrei voluto che lo vedeste…
Dopo 10 anni di prigione, un uomo rinasce. Ma non rinasce nel senso “idilliaco” del termine. Deve imparare daccapo a camminare con le sue gambe, a respirare l’aria aperta della città che sembra immensa e volerti inghiottire nell’anonimato, imparare a parlare una lingua che è cambiata nel frattempo, imparare a “ubicarsi” a darsi un ruolo e degli obiettivi. E per lui questa “scuola guida” ha un valore inestimabile, un seme per il suo futuro. Andiamo a brindare con Consuelo, Linda e Pietro, con un bel succo di frutta e tante chiacchiere ancora imperniate sul San Pedro. Miki mi dà consigli preziosi sulla mia posizione rispetto al Consiglio dei Delegati e tanto altro… sempre al mio fianco, sempre il mio grande amico, anche ora che è fuori da quelle 4 mura… È una sensazione bellissima, che mi da un senso di continuità forte nel lavoro che porto avanti in carcere tutti i giorni. Il polso, del lavoro di relazione di 10 anni insieme a Miguel e dei frutti che sta portando nella sua vita e nella mia.
E ringrazio col cuore la vita, per avermi dato la possibilità di questa bellissima esperienza, per darmi l’opportunità di poter esperire ogni giorno la dimensione della solidarietà, della condivisione con i miei galeotti…
Ieri sono stata invitata a pranzo da Ricardo, Pilar e Wendy, 3 ragazzini di 16, 15 e 13 anni, che avevo con me nel Centro Educativo il primo anno che lavoravo in San Pedro, nel 2002. All’epoca erano piccolini…Ricardo aveva 7 anni, Pilar 6 e Wendy appena 4. Adesso sono tre ragazzi… Mamma mia come passa il tempo… Me li ricordo ancora, Ricardo e Pilar, quando entravano in punta di piedi nel Kinder e con un sorriso mi chiedevano timidamente “Si può? E’ già aperto?” . Erano i miei più fedeli…ed erano tra quelli che mi aiutavano a riordinare, a pulire finito di giocare, perché avevano capito al volo l’importanza di rispettare i giochi e i materiali, come una forma di rispetto verso “la cosa pubblica” che è anche e soprattutto un riflesso del rispetto verso se stessi. Ricardo soffriva molto per la situazione di detenzione del padre e soffriva soprattutto la dimensione di vita carceraria che doveva subire personalmente. La madre viveva e vive tutt’ora in San Pedro con il padre, lavorando in un piccolo ristorantino nella sezione Pinos, forse più attenta a suo marito che ai figli...Due anni fa Ricardo ha puntato i piedi con i suoi genitori, chiedendo loro di andarsene dal San Pedro e di vivere per conto suo in un appartamento. A 14 anni ha cominciato a lavorare nel tempo libero dalla scuola, a mettersi da parte qualche soldo per se’e Pilar. Wendy, la più piccola vive ancora in San Pedro con la mamma e il babbo, ma ogni 15 giorni va dai fratelli nell’appartamento. Ricardo è sempre stato un bravo studente, con ottimi voti, nonostante abbia cominciato la scuola elementare mentre viveva dentro al carcere. Un bambino un po’ timido, sempre molto rispettoso e attento agli altri, soprattutto alle sue due sorelline che ama profondamente e verso le quali sente la grande responsabilità di proteggerle.
Avevo incontrato Pilar e Ricardo qualche tempo fa una domenica fuori dal carcere, che facevano la fila per andare a trovare il padre e la madre… Sembra assurdo… due ragazzini di 15 e 16 anni che lavorano e studiano e che la domenica, nel loro tempo libero, anziché andare al parco o stare con gli amici, vanno al carcere a trovare i genitori. Mi hanno fatto una grande festa e mi hanno raccontato del loro appartamento, invitandomi a far loro visita appena avrei potuto.
Ed ecco che arriva il grande giorno! Prendo il minibus fino a Villa Fatima e mi fermo all’angolo con la Calle 4 di Villa del Carmen. Come da programmi, aspetto che mi vengano a prendere. Vedo arrivare di corsa Ricardo, raggiante. Un bellissimo ragazzino mulatto, supersportivo, con due occhioni enormi. Cresciuto.
Arriva anche Pilar, composta, con le sue trecce lunghe, ordinata, educata come sempre. Cresciuta.
Mi accompagnano verso il loro appartamento. La casa è molto povera, un po’ arrangiata, non certo il massimo quanto a ordine e pulizia... Pilar si scusa con un sorriso timido “È un po’ in disordine, perché corriamo sempre tra scuola e compiti e non abbiamo tanto tempo per mettere a posto…”. Il bagno è in comune con gli altri appartamenti, ma loro sono orgogliosi e fieri della “loro casa”… Wendy ha cucinato per tutti, perché Ricardo e Pilar alla mattina sono stati al collegio. Ci sediamo a tavola come una famiglia e nel cuore sento una stretta forte forte… caccio indietro le lacrime che già reclamano l’uscita…
“Mi piace vivere qui, andare a scuola, prendermi cura delle mie sorelle” Ricardo è serio, non parla a vanvera. “In carcere sono stato molto male. Vedere mio padre sbronzarsi, picchiare mia madre…vedere la gente che si azzuffa per un pezzo di pane o per una malalingua…una volta ho visto due che si accoltellavano, e uno stava per lasciarci la pelle… No, no, no… io sto molto meglio qui. Qui mi sento tranquillo, riesco a studiare più concentrato e dormo sereno!” Pilar e Wendy ascoltano il fratello attente, assorte, come se nelle loro menti sfilassero immagini, flashback di episodi vissuti e forse mai comunicati a nessuno.
“Però Barbara, in realtà, anche se molto duro, vivere al San Pedro mi ha insegnato molte cose. Per esempio adesso so esattamente cosa non voglio per me e le mie sorelle. E tutto quello che ho imparato, lo voglio insegnare a loro. Voglio essere per loro un esempio buono, giusto. Quello che non abbiamo avuto noi”.
Pilar interviene “I bambini non dovrebbero stare in un carcere… i bambini dovrebbero stare in una famiglia, non in mezzo a gente che si droga, che si alcolizza, che si picchia per un niente.”
Li ascolto, li guardo, li osservo… bambini cresciuti in fretta, ragazzini già maturi e saggi, provati da una esperienza molto forte che poteva portarli chissà dove… Wendy mi sorride “Vuoi un altro po’ di zuppa?”sorrido e accetto la zuppa di mais squisita, cucinata da Wendy con tanto affetto … non so che dire… gli comunico solo che sono molto orgogliosa di loro, che anche i loro genitori possono essere orgogliosi e sono molto fortunati ad avere tre figli così, per come hanno saputo usare l’esperienza nella loro crescita…
Ricardo mi sorride e mi dice “Del San Pedro mi manca solo una cosa: il Kinder!” “Mi ricordo benissimo quando facevamo il pane o i biscotti nel forno…era proprio bello…quando ero li’ mi sentivo a casa, mi dimenticavo che ero nel carcere!” Pilar gli fa il coro “Si’! Il Kinder! Che bello era quel posto! Quanto abbiamo giocato con te Barbara!” cominciano una serie di “Ti ricordi quella volta che…” a botta e risposta tra Pilar e Ricardo, che quasi facevano a gara a tirarne fuori… . Le lacrime ormai mi hanno inondato le guance per la commozione…riesco solo a dire “Che gringa stupida! Scusatemi!”. Pilar e Ricardo mi abbracciano “Ma cosa dici! Sei una così bella persona! Barbara, tu per noi sei stata come una mamma, un punto di riferimento importante al San Pedro. Noi non possiamo dimenticarcelo, perché abbiamo vissuto lì dentro, sappiamo cosa provavamo e tu per noi c’eri sempre, nei momenti belli e nei momenti brutti!”
Non riesco a dirvi cosa mi ha attraversato il cuore in quel momento, perché sono solo riuscita a piangere… ma se ripenso ai bambini che erano e ai ragazzi che sono ora, posso solo dire che se in qualche modo il nostro Kinder ha potuto essere per la loro infanzia in carcere una oasi, un piccolo orticello dove coltivare un accenno di senso morale, un seme di affettività e tenerezza, di amore, cura e rispetto per la propria persona, uno spazio dove acquisire la conoscenza di alcune regole e un certo senso di condivisione e solidarietà, beh, allora credo che tutti gli sforzi che stiamo facendo qui al carcere San Pedro e in Italia, perché questo progetto continui e migliori, valgono la pena di essere fatti….
Questa certezza me l’hanno data Ricardo, Pilar e Wendy, tre insegnanti per me, che davanti a loro sono una collegiale…
Li saluto alla porta e Ricardo mi da un gran bacio abbracciandomi “Barbara, vieni a trovarci tutte le volte che vuoi, sei sempre come la nostra mamma!”.
Ho camminato a lungo, quasi fino al centro, piangendo, sorridendo, pensando che quelle che mi arrivano da questi ragazzini, sono perle di una preziosità inestimabile… insegnamenti e stimoli per i miei passi di allieva della vita.
Vi mando un abbraccio forte e vi mando in regalo il sorriso bambino di Ricardo e Pilar nel nostro Kinder di quasi 10 anni fa!
Che accompagni anche voi nei vostri passi!
Con tutto il bene del mondo:
La vostra Barbara/Barbaridad
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