Intervista a cura di Geraldine Meyer pubblicata in Voglio vivere così
Ci sono storie particolarmente emozionanti tra quelle dei nostri connazionali all'estero e quella che stiamo per raccontarvi è sicuramente una di queste. Una storia che non è quella di una persona in fuga, stanca del proprio lavoro e del proprio quotidiano. Barbara Magalotti non se n'è andata dall'Italia verso paradisi tropicali, e neanche verso scelte di vita più semplici e rilassanti. Barbara si occupa di volontariato in uno dei contesti più difficili e problematici che esistano: il carcere di San Pedro a La Paz, capitale della Bolivia. E lo fa con la sua associazione, il Laboratorio Solidale e tutta una serie di iniziative fuori e dentro il carcere. È andata all'estero perché questa è stata una di quelle occasioni che il caso, spesso, ci sbatte in faccia con tutta l'urgenza delle cose che non si possono evitare. Una chiamata che lei non ha potuto non ascoltare. E la storia che ci racconta è quella di un impegno assoluto e totalizzante, difficile e drammatico che restituisce però un profondo senso di serenità e giustizia. Quella giustizia che Barbara e l'associazione cercano di combattere quotidianamente con fatica e grandissima umiltà. Barbara Magalotti ha anche scritto un libro che racconta di questa sua esperienza. Si tratta di "Di a qualcuno che sono qui" edizioni Erickson; un libro bellissimo, diario di un "viaggio" insieme ad un'umanità disperata ma piena di insegnamenti: per ciascuno di noi.
Barbara come sei arrivata a La Paz e come hai capito che volevi fermarti qui per fare qualcosa in questa città, in questa terra?
Credo che, spesso, le opportunità arrivino per caso. Per me il caso è stata la tragedia delle Twin Towers. Avevo già programmato il tanto agognato viaggio in solitaria in India, quando questo avvenimento mi ha fatto stravolgere tutto. Ho sentito che dovevo fare qualcosa, condividere la sofferenza di chi stava peggio di me. Così ho contattato l'Associazione Papa Giovanni XXIII con la quale sono partita per la Bolivia, lavorando presso una comunità di recupero per ragazzi di strada. Poi ho iniziato a collaborare con un educatore che, settimanalmente, si recava a visitare i detenuti e i bambini figli dei detenuti, rinchiusi nel carcere di San Pedro. Grazie a questa collaborazione ho conosciuto la Pastoral Penitenciaria Catòlica de Bolivia, associazione che si occupa di fornire assistenza legale e di salvaguardia dei diritti umani dei detenuti. Questa esperienza è ciò che mi ha fatto capire dove volevo restare. Così ho fondato il Centro Educativo "Alegria" e sono ancora qui. Sono ancora qui per tutta l'umanità che ho conosciuto e ricevuto da queste persone, nonostante le loro vite disperate. Dopo avere conosciuto queste persone, le loro storie e avere incrociato i loro sguardi, non potrei stare da nessun'altra parte.
La tua associazione ha incontrato particolari problemi o ostracismo dalle autorità del luogo? E come è stata accolta dalla popolazione locale?
La nostra associazione ha iniziato a collaborare con Padre Filippo Clementi, cappellano del carcere, e questo ci ha aiutato moltissimo, sia con le autorità locali sia con la popolazione carceraria. Certo, visto che un certo tipo di pregiudizio nei confronti degli stranieri è comunque molto forte, penso che se fossimo stati sud americani avremmo incontrato ancora meno difficoltà. Comunque dal 2010 la nostra associazione ha firmato un accordo con il Ministero che ci ha dichiarati titolari del progetto educativo della popolazione infantile del carcere di La Paz. Alcune particolari difficoltà le abbiamo incontrate con la polizia penitenziaria direi, ma niente di insormontabile. Più che altro è stato difficile sensibilizzare la società civile riguardo alle condizioni di vita dei carcerati.
Quali sono le difficoltà maggiori nel lavorare in un ambito come quello dei detenuti e dei loro figli?
Direi quella di entrare nell'ottica di idee di non poter risolvere i problemi di tutti. Lavorare con 2200 detenuti e con più di 250 bambini è un'esperienza molto forte che può davvero mandare in crisi. Anche a me è successo dopo il mio primo ingresso in carcere. La disperazione e la solitudine con cui ti confronti sono davvero un fardello difficile da sopportare. Lavorare con i detenuti poi, presenta difficoltà aggiuntive se sei una donna. Bisogna trovare un equilibrio tra la costruzione di una sorta di intimità con l'altro, per costruire una relazione d'aiuto che non sconfini in un gioco di "seduzione" ma sia una ricostruzione della fiducia in chi, di fiducia, non ne ha più. Si tratta di costruire insieme un percorso che attraverso la fiducia ridoni anche responsabilità ai detenuti. E non è certo un lavoro facile.
Quali sono, in concreto, le azioni di aiuto e intervento che fate?
Il Centro Educativo "Alegria" è uno spazio educativo di stimolazione cognitiva e sostegno scolastico. Facciamo giochi di gruppo, giochi didattici, attività creative, laboratori artistici. Insomma cerchiamo di stabilire uno stile educativo che insegni a questi bambini un nuovo modo di relazionarsi con gli altri. Organizziamo partite di calcio o uscite collettive. Ma il Centro lavora anche, come dicevamo, con i padri di questi bambini, in modo tale da coinvolgerli nella cura e nell'educazione dei loro figli. Diamo loro un sostegno sia psicologico sia legale quando serve. E serve spesso, visto il livello di corruzione sia di avvocati sia di giudici: se non hai soldi non vieni minimamente considerato.
Di che tipologia di reati si parla in maggior parte?
Si tratta soprattutto di reati legati al narcotraffico, seguiti dai furti e rapine a mano armata. Poi ci sono anche casi di omicidi e violenze sessuali. In questo carcere, in teoria, dovrebbero essere detenuti solo i reati minori ma, dal momento che nel carcere di massima sicurezza non c'è più posto, anche i casi più gravi vengono portati qui. Per cui piccoli ladruncoli si trovano a convivere con pluriomicidi, e gli stupratori con qualcuno che magari è stato beccato con qualche grammo di erba. Con che ripercussioni su un percorso di rieducazione è facile capirlo. Una volta chiuse le sbarre alle loro spalle, i detenuti sono lasciati a loro stessi e alla legge interna del carcere. Legge nella gestione della quale la polizia penitenziaria ha davvero poca voce in capitolo. Quindi non vi dico i casi di violenza e abusi.
Cosa ti spinge a continuare, ogni giorno, tutti i giorni?
Forse la consapevolezza di essere nata nella "parte fortunata del mondo", di avere avuto una famiglia che mi ha protetta e sostenuta. Insomma mi sento responsabile dei privilegi e dei diritti di cui ho sempre potuto godere e sono consapevole di dover restituire qualcosa. Sento di dover continuare a mettermi in gioco, per contribuire, anche con poco a mettere il mio piccolo granello di sabbia.
Qual è l'aspetto che maggiormente ti piace del tuo lavoro e quale quello che ti crea maggiori difficoltà, non solo concrete ma umane?
Quello che mi piace di più è il rapporto affettivo che si viene a creare con i bambini e il rapporto di fiducia che si costruisce con i padri detenuti. Spesso basta davvero chiacchierare con queste persone per aiutarle a dare uno sguardo e una prospettiva diversa alle cose. E tutto ciò mi ripaga di ogni fatica. Le difficoltà maggiori sono spesso legate alla burocrazia carceraria a cui bisogna sottostare: per esempio dover impiegare anche un'ora solo per entrare o uscire ogni volta dal carcere. Inoltre la polizia penitenziaria boliviana è tra le più corrotte al mondo; per cui i volontari che fanno il loro lavoro senza pagare un pizzo, rappresentano qualcosa di molto fastidioso; anche perché possono riportare all'esterno ciò che succede all'interno. Insomma direi che ciò che mi crea maggiori difficoltà è proprio la corruzione del sistema con l'ingiustizia che ne consegue e le violenze sui bambini. Io stessa spesso ho le mani legate e devo trovare modi alternativi per agire per evitare che l'istituzione carceraria mi crei problemi.
Siete impegnati in qualche progetto particolare ora?
Abbiamo iniziato un censimento e una ricerca sulla realtà socio-sanitaria dei bambini all'interno del carcere. Stiamo costruendo una rete di collaborazione con le famiglie all'esterno del carcere per capirne le dinamiche e ricostruire il ruolo educativo dei genitori. Un altro progetto è "Casa Solidaria": un percorso di accompagnamento e reinserimento socio-lavorativo per i detenuti che escono dal carcere. Questo progetto comprende la realizzazione di un B&B inserito in un circuito di turismo solidale e in cui lavoreranno 3 o 4 ex detenuti. Le spese sono alte, circa 100.000 euro ma pensiamo ne valga la pena.
Avete aiuti statali o contate solo su aiuti privati?
Fino ad ora abbiamo finanziato il progetto solo ed esclusivamente con le nostre forze, attraverso le quote associative annuali dei membri della nostra associazione e donazioni di privati (nella maggior parte dei casi amici, parenti, colleghi, parrocchie). L’anno scorso una Fondazione privata italiana ci ha dato un contributo con il quale abbiamo potuto migliorare qualitativamente la proposta educativa aumentando il numero degli educatori e aumentando le attività soprattutto fuori recinto (escursioni, visite guidate). Durante questi 10 anni di attività abbiamo avuto saltuariamente il contributo di alcune associazioni locali boliviane, che ci hanno fornito parte del materiale didattico per la scuola dei bambini e per le attività di laboratorio. Speriamo in futuro di poter contare su apporti statali, sia boliviani che italiani!
Hai mai momenti di sconforto?
Tutti i giorni. Lo confesso, sono una piangolona di prima…e quando la pentola delle emozioni è piena, la lascio traboccare, per far uscire l’amarezza. A volte veramente il senso di impotenza è molto forte, per esempio quando vedi detenuti politici che stanno in carcere a oltranza, molto più a lungo di quello che la legge stessa stabilisce (3 anni) per la detenzione preventiva, senza che vi sia uno straccio di prova a loro carico; quando vedi alcuni bambini con i segni delle percosse o vieni sapere di abusi sessuali su bambini o ragazzini. Ma lo sconforto e l’indignazione si trasformano in una ancor più grande voglia di fare, di cambiare, di contribuire con le proprie energie e risorse a costruire la giustizia…
Cosa comporta, anche a livello umano, essere la presidentessa di un'associazione come la tua?
L’Associazione di Volontariato “Laboratorio Solidale” è nata 3 anni fa’ grazie ad un gruppo di amici che ha deciso di rendere pubblico l’impegno verso i bambini e i detenuti del carcere San Pedro. Esserne la presidente non cambia di molto la mia situazione e il mio impegno, forse l’unica differenza è che ora c’è un po’più di burocrazia e sicuramente delle responsabilità amministrative che prima non c’erano. La mia vita privata si sovrappone al mio impegno umano verso i detenuti e i bambini: ma è una scelta che nessuno mi ha obbligato a fare, semplicemente ho sentito una “chiamata interiore” e le ho dato ascolto. Umanamente essere la presidente di questa associazione comporta un impegno costante nella sensibilizzazione sul territorio nazionale ed internazionale sul tema dei diritti umani e dell’inclusione sociale delle popolazioni “a rischio” di esclusione sociale. Questo comunque lo facevo prima e credo lo continuerò a fare per tutti i giorni che la vita mi concederà!
Che città è, dal punto di vista sociale La Paz?
Città universitaria, sede del governo, principale nodo commerciale in Bolivia insieme a Santa Cruz de la Sierra: La Paz è una città straordinariamente vitale. Il lato oscuro è quello simile a tutte le grandi metropoli, soprattutto dell’America Latina: tantissimi senzatetto, chicos de la calle dipendenti da droghe e soprattutto dagli inalanti, tantissimi alcolisti persi nella solitudine e nell’abbandono. La povertà del Paese si riflette soprattutto in queste fasce sociali per le quali spesso il destino comune è quello della morte per strada. Personalmente sono profondamente innamorata di La Paz. La quintessenza dell’approssimazione, della povertà, del caos…in tutto: dai mezzi di trasporto, ai negozi, ai tempi, alle distanze. Sono affezionata a questa terra, ai mercati arrangiati sui marciapiedi, alle salite che ti lasciano senza fiato, ai baretti tutti in fila dai quali i commessi ti urlano che il loro jugo de papaia e' migliore di quello del baretto a fianco... la Paz è unica. In tutta la Bolivia non c’è un posto dove passato e futuro siano così intimamente connessi.
Sito web: www.laboratoriosolidale.org
email: laboratoriosolidale@gmail.com
oppure magababa67@hotmail.com
blog: http://labsolidale.blogspot.com
gruppo facebook : laboratorio solidale
Se qualcuno volesse fare una donazione a questa associazione, questi sono i dati:
Banca Popolare Etica, Filiale di Bologna, Viale Masini n. 4, 40126 Bologna (BO)conto intestato a Associazione LABORATORIO SOLIDALE
IBAN: IT 94 D 05018 02400 000000129908
BIC: CCRTIT2T84A
Laboratorio Solidale: per un mondo più giusto (progetti solidali, educativi e formativi per minori e adulti in carcere, avviamento al lavoro di ex carcerati, eventi culturali, artistici, musicali e letterari…) con la tua mano!
per info
chi siamo
barbara magalotti magababa67@hotmail.com
giovedì 22 marzo 2012
lunedì 12 marzo 2012
Campagna 2012 per la raccolta 5x1000
Barbara, Stefano e Giovanni, da La Paz, vi presentano in anteprima il nuovo materiale promozionale per la campagna raccolta 5x1000 per questo 2012 ricco di sorprese....speriamo!!!!
Il materiale verrà stampato grazie alla collaborazione del Comune di Montescudo (RN)
Il materiale verrà stampato grazie alla collaborazione del Comune di Montescudo (RN)
martedì 6 marzo 2012
Emozioni in gabbia
Mi capita di svegliarmi la mattina e guardare l’orologio… è ancora presto e mi giro nelle coperte assaporando quel momento di veglia intorpidito, stropicciato, pigro caldo e accogliente… ancora i pensieri non sono ben chiari, ma la sensazione è bella, tutta fisica ed emotiva, una sorta di prolungamento cosciente del mondo dei sogni che piano piano si dissipa e mi conduce alla realtà… certamente mi dico, questo “dolce traghettamento” è possibile perché nel profondo mi sento “al sicuro” e le giornate rappresentano per me la concretizzazione dei miei obiettivi di vita. La vita apre un nuovo capitolo, che “leggo ed interpreto” con fiducia e senso di possibilità di affermazione del mio essere più profondo…
Una sensazione che tutti gli esseri umani dovrebbero avere il diritto di provare…
Al di là dalle alte mura del San Pedro come in tanti posti del mondo questa sensazione è una utopia, anzi, non è neppure quella. Non è neppure una idea che possa essere sognata, immaginata.
In catene non è solo il corpo, ma molto spesso lo è anche drammaticamente l’emozione. La dimensione spazio-temporale ha dei connotati completamente diversi da quelli che percepiamo noi “al di qua delle sbarre”. Il recinto penitenziario diventa una sorta di “limbo” dove i minuti, le ore, i giorni, gli anni sono tutti uguali, gli uni agli altri, sospesi in uno spazio tra il mondo interiore e la realtà esterna…
Per chi, come per molti detenuti, il carcere è la conseguenza logica delle proprie azioni illegali/criminali, il tempo della pena è una condanna parzialmente accettabile. Una causa ha provocato un effetto. E nonostante l’indubbia frustrazione, c’è però una certa accettazione della propria condizione.
C’è però anche chi dentro al carcere c’è finito “per errore”, o ancor peggio perché qualcuno “dall’alto del suo potere” ha deciso che proprio quella persona dovesse diventare l’esempio per “educarne altri 100 come lui”. È il caso dei prigionieri politici. È il caso di J., accusato di terrorismo per aver fatto (presumibilmente) saltare in aria un gasdotto nel 2008. Non ci sono prove, non ci sono testimoni, ma J. è in carcere dall’ottobre del 2008 (ad oggi più di 40 mesi) in detenzione preventiva, in attesa che lo Stato produca le prove della sua presunta colpevolezza. J., come tutti i giorni, era andato al lavoro a Villamontes (vicino a Tarija, al Sud della Bolivia) quando sono venuti a prenderlo: incappucciato, picchiato e caricato sul primo aereo per La Paz, catapultato al carcere San Pedro… lui che a La Paz non era mai stato in vita sua… orribile, tragico, inaccettabile. L’unica colpa di J. è quella di aver militato per l’opposizione e aver preso parte a manifestazioni di strada contro le scelte politiche del governo Morales.
Dal suo ingresso in carcere, dopo la prima udienza che sanciva la detenzione preventiva (per pericolo di fuga e occultamento di prove), gli sono state negate le udienze in tribunale che gli spettavano di diritto. Per più di due anni il suo avvocato ha tentato di ottenere la sua scarcerazione appellandosi alla mancanza di prove, ma il governo ha respinto ogni richiesta, non facendo sapere nulla in merito alle udienze...un silenzio totale durato più di 2 anni… nel momento in cui veniva incarcerato J., la legge prevedeva 2 anni di detenzione preventiva. Ma lui di carcere ne ha fatto 3 anni e mezzo, perché nel frattempo la legge è cambiata (da 2 a 3 anni di detenzione preventiva, durante i quali lo stato può fare indagini e raccogliere prove…). Altro diritto leso per J., visto che la legge in questione non è retroattiva, e dunque lo Stato non aveva alcun diritto di detenerlo oltre i 24 mesi stabiliti nel momento del suo arresto.
Questo febbraio, dopo 2 anni e mezzo senza aver visto in faccia un giudice o gli avvocati dell’accusa, finalmente arriva per J. la possibilità di dibattere in aula le proprie ragioni. È nervoso J., ma contento. Finalmente può gridare (attraverso il suo avvocato) i suoi diritti violati, ed è sicuro di uscire, “di cantargliele” a suon di fatti. Sono contenta, emozionata, intimorita… è importante che J. non si senta solo in questo momento e decido di accompagnarlo, partecipando all’udienza insieme a Giovanni e Padre Filippo.
Un vero e proprio calvario…
Prima udienza 15 febbraio 2012. La prima udienza è stata sospesa perché secondo l’accusa, la segretaria del tribunale ha scritto male il numero del protocollo (!!!) e dunque l’udienza non sarebbe stata valida. Prima bastonata per J., che non può credere alle sue orecchie… come noi del resto. Ascolto le parole del giudice e le lacrime mi escono dagli occhi senza poterle fermare…
Rimandata al 24 febbraio 2012. La seconda udienza viene sospesa perché è assente l’accusa. Seconda bastonata per tutti, momento in cui ci rendiamo veramente conto della manipolazione politica di questo processo… sento forte la paura che veramente J. non riuscirà a sconfiggere il sistema legale statale… incredula, stordita da tanta ingiustizia.
Rimandata al 28 febbraio. La terza finalmente viene dibattuta. L’avvocato di J. è molto in gamba e sottolinea come l’unica accusa contro J. è costituita da un presunto “testimone fantasma” che mai ha rilasciato una dichiarazione, perché sostiene di essere in pericolo di vita: ovvero, J. è in carcere da 3 anni e mezzo perché una persona di cui non si sa il nome e mai si saprà, dice di essere a conoscenza di fatti che incriminerebbero J., ma dei quali non c’è nessuna dichiarazione scritta in nessun verbale, ne della polizia, ne degli avvocati dell’accusa (!!!). Dopo un lungo dibattimento in cui l’avvocato della difesa nella sua arringa evidenzia come i diritti legali e umani di J. siano stati violati evidentemente, l’accusa ribalta la frittata e accusa J. di essere l’unico responsabile per il grave ritardo nella conduzione delle indagini: visto che per ben 14 volte ha rifiutato di essere processato rifiutando la commissione che era stata assegnata. È vero: ma 14 volte gli era stata assegnata una commissione in cui i membri avevano un evidente pregiudizio politico (e sottomissione agli ordini superiori). 14 volte in un solo mese. Vale a dire che al massimo, il ritardo causato dal rifiuto della commissione giudicante da parte di J., è di un mese. Qui si parla di un ritardo di un anno e mezzo, passato in carcere ingiustamente, senza prove di colpevolezza… L’udienza si conclude con il giudice che sancisce a voce alta che “la corte nega all’imputato la scarcerazione”. Questa volta non c’è nemmeno un limite stabilito, entro il quale l’accusa deve raccogliere prove. Di nuovo dentro, per un tempo indefinito… J. si mette la testa tra le mani e rimane in silenzio, mentre qualche lacrima gli sfugge al controllo… So cosa sta pensando, perché nei suoi momenti di sconforto spesso me lo ha detto: “Ho paura che da qui non uscirò mai.”
Lasciamo l’aula di tribunale e mentre abbraccio J., prima che il poliziotto di sorveglianza gli rimetta le manette, mi scorrono davanti i tanti momenti passati insieme a lui al San Pedro in questi anni: le domeniche a messa, mentre canta le canzoni suonando la chitarra come se si stesse esibendo in teatro e mi lancia occhiate complici per capire se ha cantato bene o no; durante i pranzi del sabato, mentre tiene banco con le sue barzellette sconce facendo fare grasse risate a tutti i commensali; nella sua cella mentre ci beviamo il nostro consueto mate e chiacchieriamo per ore raccontandoci a vicenda le nostre storie, a volte piangendo insieme e abbracciandoci con affetto… Per me J. è un grande amico. Il suo dolore, il suo sconforto, la sua disperazione di certi giorni mi lacera nel profondo. E la sua detenzione è per me un dolore forte, una ferita al mio senso di giustizia ed uguaglianza che quotidianamente si riapre e non si rimargina. A volte mi sembra di assistere in prima persona a un film drammatico, ma questa, proprio questa, è la realtà vera.
Mi capita di svegliarmi la mattina e guardare l’orologio… e mi chiedo perché J. (e i milioni di J. nel mondo) non debba poter avere il mio stesso diritto a godere di quella bella sensazione del risveglio, e di poter guardare al nuovo giorno con fiducia e senso di possibilità di espressione del suo essere più profondo… di poter vedere nel tempo che passa, la realizzazione dei suoi obiettivi, la materializzazione dei suoi sogni, e non l’immobilizzazione della propria vita, il limbo stagnante delle proprie emozioni imbavagliate dall’ingiustizia…
… ringrazio tutti i giorni per la mia libertà, e prego per quella di tutti gli esseri umani.
Vi abbraccio tutti, con affetto.
Barbara
Una sensazione che tutti gli esseri umani dovrebbero avere il diritto di provare…
Al di là dalle alte mura del San Pedro come in tanti posti del mondo questa sensazione è una utopia, anzi, non è neppure quella. Non è neppure una idea che possa essere sognata, immaginata.
In catene non è solo il corpo, ma molto spesso lo è anche drammaticamente l’emozione. La dimensione spazio-temporale ha dei connotati completamente diversi da quelli che percepiamo noi “al di qua delle sbarre”. Il recinto penitenziario diventa una sorta di “limbo” dove i minuti, le ore, i giorni, gli anni sono tutti uguali, gli uni agli altri, sospesi in uno spazio tra il mondo interiore e la realtà esterna…
Per chi, come per molti detenuti, il carcere è la conseguenza logica delle proprie azioni illegali/criminali, il tempo della pena è una condanna parzialmente accettabile. Una causa ha provocato un effetto. E nonostante l’indubbia frustrazione, c’è però una certa accettazione della propria condizione.
C’è però anche chi dentro al carcere c’è finito “per errore”, o ancor peggio perché qualcuno “dall’alto del suo potere” ha deciso che proprio quella persona dovesse diventare l’esempio per “educarne altri 100 come lui”. È il caso dei prigionieri politici. È il caso di J., accusato di terrorismo per aver fatto (presumibilmente) saltare in aria un gasdotto nel 2008. Non ci sono prove, non ci sono testimoni, ma J. è in carcere dall’ottobre del 2008 (ad oggi più di 40 mesi) in detenzione preventiva, in attesa che lo Stato produca le prove della sua presunta colpevolezza. J., come tutti i giorni, era andato al lavoro a Villamontes (vicino a Tarija, al Sud della Bolivia) quando sono venuti a prenderlo: incappucciato, picchiato e caricato sul primo aereo per La Paz, catapultato al carcere San Pedro… lui che a La Paz non era mai stato in vita sua… orribile, tragico, inaccettabile. L’unica colpa di J. è quella di aver militato per l’opposizione e aver preso parte a manifestazioni di strada contro le scelte politiche del governo Morales.
Dal suo ingresso in carcere, dopo la prima udienza che sanciva la detenzione preventiva (per pericolo di fuga e occultamento di prove), gli sono state negate le udienze in tribunale che gli spettavano di diritto. Per più di due anni il suo avvocato ha tentato di ottenere la sua scarcerazione appellandosi alla mancanza di prove, ma il governo ha respinto ogni richiesta, non facendo sapere nulla in merito alle udienze...un silenzio totale durato più di 2 anni… nel momento in cui veniva incarcerato J., la legge prevedeva 2 anni di detenzione preventiva. Ma lui di carcere ne ha fatto 3 anni e mezzo, perché nel frattempo la legge è cambiata (da 2 a 3 anni di detenzione preventiva, durante i quali lo stato può fare indagini e raccogliere prove…). Altro diritto leso per J., visto che la legge in questione non è retroattiva, e dunque lo Stato non aveva alcun diritto di detenerlo oltre i 24 mesi stabiliti nel momento del suo arresto.
Questo febbraio, dopo 2 anni e mezzo senza aver visto in faccia un giudice o gli avvocati dell’accusa, finalmente arriva per J. la possibilità di dibattere in aula le proprie ragioni. È nervoso J., ma contento. Finalmente può gridare (attraverso il suo avvocato) i suoi diritti violati, ed è sicuro di uscire, “di cantargliele” a suon di fatti. Sono contenta, emozionata, intimorita… è importante che J. non si senta solo in questo momento e decido di accompagnarlo, partecipando all’udienza insieme a Giovanni e Padre Filippo.
Un vero e proprio calvario…
Prima udienza 15 febbraio 2012. La prima udienza è stata sospesa perché secondo l’accusa, la segretaria del tribunale ha scritto male il numero del protocollo (!!!) e dunque l’udienza non sarebbe stata valida. Prima bastonata per J., che non può credere alle sue orecchie… come noi del resto. Ascolto le parole del giudice e le lacrime mi escono dagli occhi senza poterle fermare…
Rimandata al 24 febbraio 2012. La seconda udienza viene sospesa perché è assente l’accusa. Seconda bastonata per tutti, momento in cui ci rendiamo veramente conto della manipolazione politica di questo processo… sento forte la paura che veramente J. non riuscirà a sconfiggere il sistema legale statale… incredula, stordita da tanta ingiustizia.
Rimandata al 28 febbraio. La terza finalmente viene dibattuta. L’avvocato di J. è molto in gamba e sottolinea come l’unica accusa contro J. è costituita da un presunto “testimone fantasma” che mai ha rilasciato una dichiarazione, perché sostiene di essere in pericolo di vita: ovvero, J. è in carcere da 3 anni e mezzo perché una persona di cui non si sa il nome e mai si saprà, dice di essere a conoscenza di fatti che incriminerebbero J., ma dei quali non c’è nessuna dichiarazione scritta in nessun verbale, ne della polizia, ne degli avvocati dell’accusa (!!!). Dopo un lungo dibattimento in cui l’avvocato della difesa nella sua arringa evidenzia come i diritti legali e umani di J. siano stati violati evidentemente, l’accusa ribalta la frittata e accusa J. di essere l’unico responsabile per il grave ritardo nella conduzione delle indagini: visto che per ben 14 volte ha rifiutato di essere processato rifiutando la commissione che era stata assegnata. È vero: ma 14 volte gli era stata assegnata una commissione in cui i membri avevano un evidente pregiudizio politico (e sottomissione agli ordini superiori). 14 volte in un solo mese. Vale a dire che al massimo, il ritardo causato dal rifiuto della commissione giudicante da parte di J., è di un mese. Qui si parla di un ritardo di un anno e mezzo, passato in carcere ingiustamente, senza prove di colpevolezza… L’udienza si conclude con il giudice che sancisce a voce alta che “la corte nega all’imputato la scarcerazione”. Questa volta non c’è nemmeno un limite stabilito, entro il quale l’accusa deve raccogliere prove. Di nuovo dentro, per un tempo indefinito… J. si mette la testa tra le mani e rimane in silenzio, mentre qualche lacrima gli sfugge al controllo… So cosa sta pensando, perché nei suoi momenti di sconforto spesso me lo ha detto: “Ho paura che da qui non uscirò mai.”
Lasciamo l’aula di tribunale e mentre abbraccio J., prima che il poliziotto di sorveglianza gli rimetta le manette, mi scorrono davanti i tanti momenti passati insieme a lui al San Pedro in questi anni: le domeniche a messa, mentre canta le canzoni suonando la chitarra come se si stesse esibendo in teatro e mi lancia occhiate complici per capire se ha cantato bene o no; durante i pranzi del sabato, mentre tiene banco con le sue barzellette sconce facendo fare grasse risate a tutti i commensali; nella sua cella mentre ci beviamo il nostro consueto mate e chiacchieriamo per ore raccontandoci a vicenda le nostre storie, a volte piangendo insieme e abbracciandoci con affetto… Per me J. è un grande amico. Il suo dolore, il suo sconforto, la sua disperazione di certi giorni mi lacera nel profondo. E la sua detenzione è per me un dolore forte, una ferita al mio senso di giustizia ed uguaglianza che quotidianamente si riapre e non si rimargina. A volte mi sembra di assistere in prima persona a un film drammatico, ma questa, proprio questa, è la realtà vera.
Mi capita di svegliarmi la mattina e guardare l’orologio… e mi chiedo perché J. (e i milioni di J. nel mondo) non debba poter avere il mio stesso diritto a godere di quella bella sensazione del risveglio, e di poter guardare al nuovo giorno con fiducia e senso di possibilità di espressione del suo essere più profondo… di poter vedere nel tempo che passa, la realizzazione dei suoi obiettivi, la materializzazione dei suoi sogni, e non l’immobilizzazione della propria vita, il limbo stagnante delle proprie emozioni imbavagliate dall’ingiustizia…
… ringrazio tutti i giorni per la mia libertà, e prego per quella di tutti gli esseri umani.
Vi abbraccio tutti, con affetto.
Barbara
lunedì 5 marzo 2012
Ippoterapia per i bambini del San Pedro a Bajo Lipari
… ecco qua alcune foto di mercoledì scorso a Bajo Lipari: Antonio, della Comunità Papa Giovanni XXIII ci da la possibilità di andare ogni settimana a fare ippoterapia...ho scelto 4 ragazzini del nostro centro educativo, quelli che ne hanno più bisogno...il risultato è stato eccezionale: i ragazzi sono stati benissimo e alla fine non volevano più venir via...ovviamente!!!
Bellissima esperienza!!!
Sono contentissima!!!
Un abbraccio a tutti Barbara
Bellissima esperienza!!!
Sono contentissima!!!
Un abbraccio a tutti Barbara
Uscita con i bambini del San Pedro al Espacio Simon I. Patino
È stato un mese molto intenso e pieno di lavoro....come sempre!!!
Dopo i lavori di ristrutturazione il nostro Centro Educativo ha riaperto i battenti e siamo stati impegnati nelle iscrizioni, e anche nella lotta alla dispersione scolastica (andando a "bussare" alle celle dei genitori per incoraggiarli ad iscrivere i loro figli a scuola...).
Abbiamo anche ripreso le nostre uscite fuori recinto con i bambini: questo mese è stata la volta del Espacio Simon I. Patino.
Ecco qua alcuni scatti fatti durante l'uscita dei nostri bambini alla fondazione culturale Simon I. Patino, durante un piccolo seminario di stimolazione alla lettura.
Come sempre sono questi bambini che danno un senso al nostro stare qui... MENO MALE CHE CI SONO I BAMBINI!!!!!!
Prossimamente vi manderò anche le foto della consegna del materiale scolare ai nostri bambini iscritti alla scuola...come sempre un delirio!!!!
Vi mando un abbraccio forte e vi ringrazio per tutto quello che fate, anche se da lontano, per questi nostri "quasi figli"... loro lo apprezzano tanto!!!
A presto!
La vostra Barbara
domenica 4 marzo 2012
venerdì 27 gennaio 2012
Barbara su Radio Capital
Intervista a Barbara Magalotti urlm.in/kwrx da La Paz su Radio Capital
Cari amici... l'altro giorno ho scritto a Doris Zacconi del programma
"Capital in the world". Era già da un po' che mi chiedevo se sarebbe
interessata la storia del nostro Kinder in San Pedro...
Morale, mi ha risposto subito e stamattina mi ha chiamato per registrare una intervista...
Breve, concisa e....col fiatone!!! Non ricordo assolutamente come'è andata, ma sicuramente devo aver detto qualche minchiata.... ahahahahahahahahahah!!!
Per chi avesse voglia di ascoltarla, andrà in onda MARTEDI 31 GENNAIO ALLE 12,15 ovviamente su radio Capital!
Un bacione grande a tutti!
Barbara
lunedì 23 gennaio 2012
Kinder rimesso a nuovo!
Carissimi amici, ecco qua le "foto-testimonianza" sui lavori svolti nel Centro Educativo "Alegrìa" del Carcere San Pedro di La Paz...
Siamo tutti molto orgogliosi e contenti dei risultati!!! Immaginatevi come lo saranno i nostri bambini quando rientreranno!!!!
E tutto questo è stato possibile grazie ad ognuno di voi, e al vostro sostegno economico e affettivo...
GRAZIE A TUTTI!!! DAVVERO CON TUTTO IL CUORE!!!!
Un abbraccio forte
Barbara
Siamo tutti molto orgogliosi e contenti dei risultati!!! Immaginatevi come lo saranno i nostri bambini quando rientreranno!!!!
E tutto questo è stato possibile grazie ad ognuno di voi, e al vostro sostegno economico e affettivo...
GRAZIE A TUTTI!!! DAVVERO CON TUTTO IL CUORE!!!!
Un abbraccio forte
Barbara
giovedì 19 gennaio 2012
Abbracci...
Da: barbara magalotti magababa67@hotmail.com
Data: Wed, 18 Jan 2012 21:09:11 +0000
Finalmente mi ritaglio qualche ora per scrivervi e per raccontarvi delle intense settimane trascorse…
Da Natale ad oggi l’allegro gruppo di volontari qui a La Paz ha lavorato sodo nella ristrutturazione e miglioria del nostro Centro Educativo del carcere San Pedro! Andrea, Giovanni Bettella, Giovanni Cobianchi (detto Jaime) e la sottoscritta, armati di vernice, pennelli, legnami e altro, si sono cimentati in riverniciatura muri, rifacimento di parte del pavimento, ricopertura angoli delle scale, e tanto altro. Vi mando alcune foto che raccontano del “percorso lavorativo” e dei risultati del nostro lavoro! Abbiamo anche coinvolto Javier, un detenuto Chileno (con diagnosi di schizofrenia!) nell’abbellimento delle pareti con disegni vari…Javier è fantastico…potrebbe parlare per ore di temi che variano dalla filosofia alla storia, alla geografia, alla politica, all’astrofisica e all’astrologia senza mai interrompersi e a tratti cantare canzoni di stili diversi, senza stancarsi mai…chi si stanca presto di lui è però il nostro Rafael, che essendo notoriamente un taciturno, non sopporta minimamente di lavorare fianco a fianco con un logorroico! Ma tant’è , ormai l’abbiamo assunto e ci divertiamo a sentire i borbottii fra i denti di Rafael che scuote la testa ogni 2 minuti guardando di traverso “el Chileno loco”quando ne dice una delle sue (e succede praticamente un periodo si, e uno no!) e i soliloqui deliranti di Javier (che sono uno spettacolo!!!) ! Poi Rafael, intenerito dalle condizioni di Javier è il primo che mi dice in un orecchio “Barbara, invita Javier a mangiare con noi”… Ci è venuto ad aiutare anche il padre di alcuni bambini che vengono fisso al Centro, prestandoci il trapano per montare le mensole e mettendosi in prima persona a lavorare con noi. Il Centro Educativo “Alegrìa” è ora pronto per affrontare un altro anno di attività con i nostri 190 scalmanatissimi niños!!! I bambini ormai sono impazienti di rientrare in possesso del loro Centro Educativo, curiosi di vedere come è cambiato, e chiedono con insistenza “Hermanita! Cuando va a abrir el Kinder???”. C’è un bimbo di circa 3 o 4 anni, che vince il premio “tenacia, caparbietà, perseveranza, resistenza 2011/2012”, perché dal primo giorno di chiusura del Centro Educativo fino ad oggi, non ha fatto passare un giorno in cui non mi abbia chiamata dalla finestra e chiesto con il suo faccino tenero e curioso “Oggi è aperto il Kinder???”… una dimostrazione di quanto questo spazio sia importante e fondamentale per questi bambini che vivono dentro al carcere!
Ieri ho incontrato l’avvocata di un detenuto straniero, che non avendo familiari che possano aiutarlo a districarsi nel marasma dei labirinti burocratici legali, mi ha chiesto di “invitare” l’avvocato a fare il suo lavoro. Dopo varie insistenze da parte mia, l’avvocata si decide a “darmi udienza” incontrandomi nel parchetto davanti al carcere, seduti su una panchina… Morale: l’avvocato mi dice che ha lasciato il suo impiego presso la CedeCe (una associazione che si occupa di diritti umani e legali di detenuti in difficoltà economiche), e che quindi il detenuto non ha , di fatto, un avvocato che lo segua. Peccato che ce lo dica solo ora, dopo mesi in cui per telefono, il detenuto la chiamava e lei continuava a dargli appuntamenti ai quali mancava… Dunque andrò alla CedeCe e richiederò un altro avvocato per questo povero diavolo…con il morale abbastanza abbacchiato (anche perché pensavo alle parole con cui avrei dovuto dare la “bella” notizia al detenuto!) faccio due passi intorno alla piazza, aspettando Andrea, con il quale sarei dovuta andare a comprare del materiale per il Centro Educativo, e incontro Valentina e Ivan che stavano approfittando della bella giornata per fare un giretto con i bambini, mangiando del buon “Chicharron de chancho”.
Faccio due belle chiacchiere con Valentina e ad un certo punto mi sento chiamare “Barbara!”…mi sembra di riconoscere quella voce di bambino…mi giro e…la sorpresa e l’emozione è un tutt’uno: “WILLYYYYYYYYYYYYYY”!!!!! Il mio amato Willy!!! Ho lo stomaco sottosopra… Willy ha la faccia sporca e i vestiti sbrindellati come sempre, il sorriso contento e timido nello stesso tempo… Sono due anni che non ho più notizie di lui, da quando suo padre è uscito di galera (e Willy con lui), e “voci di corridoio” mi avevano informata che “era stato venduto” ad una famiglia di commercianti di frutta, e messo a lavorare sulla strada…Willy, 8 anni, una famiglia distrutta, il padre violento (Willy spesso veniva al Centro Educativo pieno di lividi e segni di percosse) e una madre assente… Me lo abbraccio e me lo coccolo come un bambolotto, anche se ha è cresciuto tanto… a 8 anni tante smancerie non sono “adeguate”, ma Willy si prende tutte le coccole della zia Barbara e non fiata, col sorriso timido e indeciso se sedersi sulle mie gambe o no (perché ne avrebbe voglia, ma quella “è roba da bambini piccoli!”)…gli faccio un po’ di posto sulla panchina vicino a me e lui si appoggia alla mia spalla. Chiacchieriamo un po’ e gli chiedo come sta, cosa fa, se va a scuola, se sta con i suoi…mi racconta qualche bugia (ormai lo conosco come le mie tasche…)… “Con chi sei qui?” “Con la mia mamma” “E presentamela!”, mi accompagna dalla signora che vende la frutta davanti al carcere. Una signora anziana…capisco subito che non è sua madre. La signora un po’ imbarazzata mi dice di non essere sua madre, ma che si sta prendendo cura di Willy da più di un anno…le chiedo se va a scuola e lei tergiversa… dentro di me ho le budella aggrovigliate… Dio mio, allora è vero che Willy è stato venduto? Chissà come soffre, chissà che senso di abbandono, di rifiuto, di solitudine ha provato e sta provando… chissà come si sente quando chiude gli occhi per dormire alla sera, in una casa che non sente sua, in un ambiente dove si sente come uno scomodo sgradito ospite…. a soli 8 anni…Dico a Willy che ho delle foto di quando veniva al Centro Educativo e ovviamente gli si illuminano gli occhi. “Quando me le porti?” “Appena le porto a sviluppare” “Domani?” … me lo porterei via immediatamente, me lo porterei a casa… ma poi? Dio che strazio!
Cerco di fami forza e cerco di sorridergli più teneramente e positivamente possibile “Fai il bravo Willy, eh?”, lui si guarda le mani timido “Sì” “Ci vediamo presto, bandido!… Dai vieni qui, dammi un abbraccio!” e ci abbracciamo come se dovesse essere un ultimo abbraccio… mi stringe forte Willy, come se non mi volesse lasciare andar via.
Quanto dolore, e quanto bisogno d’amore racchiusi in poco più di un metro e quattro stracci di bambino…. Il nodo alla gola mi accompagna per un po’…
Verrò a trovarti presto, mia piccola tenera peste di strada… adesso so dove trovarti… non ti perderò più, non mancherò di abbracciarti tutte le volte che ti vedrò!
Ricordiamoci sempre di sorridere ai bambini… a tutti i bambini… loro solo sanno, quanto bene fa il sorriso, l’abbraccio, la carezza di un adulto!
Un abbraccio intenso e forte dalla vostra Barbara
Data: Wed, 18 Jan 2012 21:09:11 +0000
Finalmente mi ritaglio qualche ora per scrivervi e per raccontarvi delle intense settimane trascorse…
Da Natale ad oggi l’allegro gruppo di volontari qui a La Paz ha lavorato sodo nella ristrutturazione e miglioria del nostro Centro Educativo del carcere San Pedro! Andrea, Giovanni Bettella, Giovanni Cobianchi (detto Jaime) e la sottoscritta, armati di vernice, pennelli, legnami e altro, si sono cimentati in riverniciatura muri, rifacimento di parte del pavimento, ricopertura angoli delle scale, e tanto altro. Vi mando alcune foto che raccontano del “percorso lavorativo” e dei risultati del nostro lavoro! Abbiamo anche coinvolto Javier, un detenuto Chileno (con diagnosi di schizofrenia!) nell’abbellimento delle pareti con disegni vari…Javier è fantastico…potrebbe parlare per ore di temi che variano dalla filosofia alla storia, alla geografia, alla politica, all’astrofisica e all’astrologia senza mai interrompersi e a tratti cantare canzoni di stili diversi, senza stancarsi mai…chi si stanca presto di lui è però il nostro Rafael, che essendo notoriamente un taciturno, non sopporta minimamente di lavorare fianco a fianco con un logorroico! Ma tant’è , ormai l’abbiamo assunto e ci divertiamo a sentire i borbottii fra i denti di Rafael che scuote la testa ogni 2 minuti guardando di traverso “el Chileno loco”quando ne dice una delle sue (e succede praticamente un periodo si, e uno no!) e i soliloqui deliranti di Javier (che sono uno spettacolo!!!) ! Poi Rafael, intenerito dalle condizioni di Javier è il primo che mi dice in un orecchio “Barbara, invita Javier a mangiare con noi”… Ci è venuto ad aiutare anche il padre di alcuni bambini che vengono fisso al Centro, prestandoci il trapano per montare le mensole e mettendosi in prima persona a lavorare con noi. Il Centro Educativo “Alegrìa” è ora pronto per affrontare un altro anno di attività con i nostri 190 scalmanatissimi niños!!! I bambini ormai sono impazienti di rientrare in possesso del loro Centro Educativo, curiosi di vedere come è cambiato, e chiedono con insistenza “Hermanita! Cuando va a abrir el Kinder???”. C’è un bimbo di circa 3 o 4 anni, che vince il premio “tenacia, caparbietà, perseveranza, resistenza 2011/2012”, perché dal primo giorno di chiusura del Centro Educativo fino ad oggi, non ha fatto passare un giorno in cui non mi abbia chiamata dalla finestra e chiesto con il suo faccino tenero e curioso “Oggi è aperto il Kinder???”… una dimostrazione di quanto questo spazio sia importante e fondamentale per questi bambini che vivono dentro al carcere!
Ieri ho incontrato l’avvocata di un detenuto straniero, che non avendo familiari che possano aiutarlo a districarsi nel marasma dei labirinti burocratici legali, mi ha chiesto di “invitare” l’avvocato a fare il suo lavoro. Dopo varie insistenze da parte mia, l’avvocata si decide a “darmi udienza” incontrandomi nel parchetto davanti al carcere, seduti su una panchina… Morale: l’avvocato mi dice che ha lasciato il suo impiego presso la CedeCe (una associazione che si occupa di diritti umani e legali di detenuti in difficoltà economiche), e che quindi il detenuto non ha , di fatto, un avvocato che lo segua. Peccato che ce lo dica solo ora, dopo mesi in cui per telefono, il detenuto la chiamava e lei continuava a dargli appuntamenti ai quali mancava… Dunque andrò alla CedeCe e richiederò un altro avvocato per questo povero diavolo…con il morale abbastanza abbacchiato (anche perché pensavo alle parole con cui avrei dovuto dare la “bella” notizia al detenuto!) faccio due passi intorno alla piazza, aspettando Andrea, con il quale sarei dovuta andare a comprare del materiale per il Centro Educativo, e incontro Valentina e Ivan che stavano approfittando della bella giornata per fare un giretto con i bambini, mangiando del buon “Chicharron de chancho”.
Faccio due belle chiacchiere con Valentina e ad un certo punto mi sento chiamare “Barbara!”…mi sembra di riconoscere quella voce di bambino…mi giro e…la sorpresa e l’emozione è un tutt’uno: “WILLYYYYYYYYYYYYYY”!!!!! Il mio amato Willy!!! Ho lo stomaco sottosopra… Willy ha la faccia sporca e i vestiti sbrindellati come sempre, il sorriso contento e timido nello stesso tempo… Sono due anni che non ho più notizie di lui, da quando suo padre è uscito di galera (e Willy con lui), e “voci di corridoio” mi avevano informata che “era stato venduto” ad una famiglia di commercianti di frutta, e messo a lavorare sulla strada…Willy, 8 anni, una famiglia distrutta, il padre violento (Willy spesso veniva al Centro Educativo pieno di lividi e segni di percosse) e una madre assente… Me lo abbraccio e me lo coccolo come un bambolotto, anche se ha è cresciuto tanto… a 8 anni tante smancerie non sono “adeguate”, ma Willy si prende tutte le coccole della zia Barbara e non fiata, col sorriso timido e indeciso se sedersi sulle mie gambe o no (perché ne avrebbe voglia, ma quella “è roba da bambini piccoli!”)…gli faccio un po’ di posto sulla panchina vicino a me e lui si appoggia alla mia spalla. Chiacchieriamo un po’ e gli chiedo come sta, cosa fa, se va a scuola, se sta con i suoi…mi racconta qualche bugia (ormai lo conosco come le mie tasche…)… “Con chi sei qui?” “Con la mia mamma” “E presentamela!”, mi accompagna dalla signora che vende la frutta davanti al carcere. Una signora anziana…capisco subito che non è sua madre. La signora un po’ imbarazzata mi dice di non essere sua madre, ma che si sta prendendo cura di Willy da più di un anno…le chiedo se va a scuola e lei tergiversa… dentro di me ho le budella aggrovigliate… Dio mio, allora è vero che Willy è stato venduto? Chissà come soffre, chissà che senso di abbandono, di rifiuto, di solitudine ha provato e sta provando… chissà come si sente quando chiude gli occhi per dormire alla sera, in una casa che non sente sua, in un ambiente dove si sente come uno scomodo sgradito ospite…. a soli 8 anni…Dico a Willy che ho delle foto di quando veniva al Centro Educativo e ovviamente gli si illuminano gli occhi. “Quando me le porti?” “Appena le porto a sviluppare” “Domani?” … me lo porterei via immediatamente, me lo porterei a casa… ma poi? Dio che strazio!
Cerco di fami forza e cerco di sorridergli più teneramente e positivamente possibile “Fai il bravo Willy, eh?”, lui si guarda le mani timido “Sì” “Ci vediamo presto, bandido!… Dai vieni qui, dammi un abbraccio!” e ci abbracciamo come se dovesse essere un ultimo abbraccio… mi stringe forte Willy, come se non mi volesse lasciare andar via.
Quanto dolore, e quanto bisogno d’amore racchiusi in poco più di un metro e quattro stracci di bambino…. Il nodo alla gola mi accompagna per un po’…
Verrò a trovarti presto, mia piccola tenera peste di strada… adesso so dove trovarti… non ti perderò più, non mancherò di abbracciarti tutte le volte che ti vedrò!
Ricordiamoci sempre di sorridere ai bambini… a tutti i bambini… loro solo sanno, quanto bene fa il sorriso, l’abbraccio, la carezza di un adulto!
Un abbraccio intenso e forte dalla vostra Barbara
lunedì 9 gennaio 2012
CENTRO EDUCATIVO “Alegría” (Julio-Agosto 2011)
di Valentina Fini
Los pasados meses
de Julio y Agosto se revelaron meses de grandes novedades en el
Centro Educativo “Alegría”. Primeramente se ha podido
renovar el convenio entre el Regimen Penitenciario y el Hospital Arco
Iris así que los niños del Penal de San Pedro tendrán otro
año de atención medica gratuita (en Bolivia solo los niños hasta
los 6 años tienen seguro de salud). Nuestra asociación ha sido
designada para coordinar, junto con la oficina de trabajo social, el
programa de atención medica de los niños inscritos al Centro
Educativo (acompañamientos hospitalarios, relación con los padres,
servicio de asesoramiento al programa de salud…). Otra novedad es
que se ha conseguido, en coordinación con la oficina de psicología
del penal, realizar un Convenio con la Universidad Catolica de La Paz
para que los estudiantes de esta Universidad puedan realizar sus
prácticas en nuestro Centro. La importancia de este Convenio resulta
clara si se piensa que en el centro tenemos una asistencia de entre
50 y 80 niños por turno y actualmente podemos contar con solo dos
educadores. Por ultimo hemos decidido, después de muchas
discusiones, renovar el equipo de trabajo del Centro Educativo
y contratar a dos educadores profesionales con la intención de
implementar la componente educativa del Centro. Marilia y
José Luis se están revelando dos buenos educadores, motivados y
entregados al trabajo con los niños y las niñas del Penal.
Entre
las actividades realizadas en estos dos meses se destacan:
Campamento
de invierno: Por
fin lo hemos conseguido!! Tres días de campamento en las
instalaciones de las monjas de Juajchilla con 35 chicos y chicas de
nuestro centro. No ha sido fácil organizar todo, la burocracia
Boliviana aparece en los lugares y en los momentos más inesperados;
hemos tenido que pedir autorizaciones de todo tipo, entregar papeles
donde jurábamos que no iba a pasar nada grave y que en todo caso
hubiéramos sido los únicos responsables, al final creo que toda La
Paz sabía que los niños del penal se iban de campamento. Pero
bueno, al final todo se ha terminado con unos pocos rasguños y mucho
disfrute!!
Cinemateca
Boliviana: La
Cinemateca Boliviana nos ha brindado la posibilidad de asistir de
forma gratuita a los espectáculos de la tarde de lunes a viernes
siempre que queramos (pero sin exagerar me ha dicho la directora). A
finales de Julio hemos ido a ver “Cars” y “Piratas del caribe”.
Taller
de dibujos e historietas: En
el mes de Agosto hemos llevado a los niños al el
Espacio Simón Patiños (Centro Cultural de Sopocachi) para
asistir a un talleres de dibujo realizado por el artista Boliviano
Alejandro Archondo. El taller consistía en la creación de
personajes de comics. Para los chicos (hemos llevado a los mas
mayores pero se realizará otro con lo peques) ha sido algo
muy novedoso en cuanto a que están acostumbrados en el
colegio a entender el dibujo como
mera reproducción y adquisición de técnicas mientras
Alejandro ha centrado el taller en la creatividad
y creación artística.
Actividades
en el penal:
La nueva programaciòn semanal prevé sesiones de cuenta
cuentos y animación a la lectura, psicomotricidad, taller
de grafiti (estoy intentando convencer al delegado de sección para
que nos deje una pared en la plaza), etc…
Valentina
EXCURCIÓN
A COTA COTA (Junio 2001)
Los niños
del San Pedro salen muy raras veces del penal y si lo hacen salen
solos, sin el control de los padres, y se dedican a pedir dinero en
la calle o se encierran en algùn internet point para jugar en red.
Muchos de ellos pasan semanas enteras sin ir al
colegio porqué no hay nadie que les pueda acompañar o controlar que
vayan. Hace unos días un papa ha entrado al Centro Alegría
asustado y preocupado porque dos de sus hijos no habían vuelto
al penal desde hace dos dìas y él no tenia la posibilidad
de salir a buscarlos. Hemos ido a su colegio para pedir información y
la directora del centro nos ha dicho que llevaba dos semanas sin ver
a los chicos y que ella tampoco sabía que su padre estaba
recluido.
Uno de los
principales objetivos que nos proponemos en el Centro Educativo
“Alegrìa” es facilitar a los niños y niñas
espacios de socialización fuera de la carcel y proponerle
actividades de ocio y tiempo libre. De esta forma los niños no solo
empiezan a conocer la ciudad sino que también aprenden a
relacionarse en contextos normalizados y a desempeñar el “papel”
de niño y no de adulto como le impone su condiciòn.
Este mes
hemos decidido ir a Cota Cota, un parque en la zona sur de La
Paz, con una hermosa zona de juegos y un peligrosisimo
estanque que los niños han utilizado como campo de batalla entre
piratas!!! Os dejo algunas fotos....
DÍA
DEL NIÑO (Abril 2011)
El dìa
12 de Abril se celebró en el Centro Educativo “Alegrìa” el
dìa del niño. Las educadoras se han encargado de decorar el
centro con globos y los niños más pequeños han preparado un
cartel con letras en collages. José nos ha prestado un equipo de
música y se han comprado dulces y empanadas para merendar.
También hemos podido contratar a un chico Chileno,un interno, que
ha preparado un taller de globoflexia y ha entretenido a los niños
pintandoles las caras (y no solo a los niños...) .!Por lo bien
que lo ha hecho va a seguir colaborando con el kinder en estas
ocasiones!.Por la tarde ha venido una compania de teatro de la
calle para hacer un espectaculo de acrobacia y magia. No hay que
añadir más, solo ver las caras de los niños, hay fotos que
hablan por si mismas. Cuando ha empezado el espectaculo la musica
y los gritos de los niños han llamado la atenciòn de unas
cuantas familias de la sección y al final el Centro estaba lleno
de gente… hasta vino el delegado de sección que se ha alegrado
por la labor que estamos llevando a cabo y nos ha ofrecido ayuda
para cualquier cosa.
Antes
de irnos, he ido con Barbara a visitar a los internos de las dos
secciones de castigo (Grulla y Muralla) para repartir un
poco de comida. Estas dos secciones fundamentalmente consisten en
un largo passillo de unos tres metros de ancho con altas murrallas
alrededor y hospedan a unos 25 chicos, casi todos muy jovenes, que
están allí o porque no tienen nada de dinero para pagar
una celda (permanecer en Grulla y Murallas es gratuito!!!!)
o porqué no han respetado las reglas internas (peleas,
robos, etc.).
Un
saludo a todos,
Valentina.
|
lunedì 2 gennaio 2012
Brucia, Leone, Brucia!
….Per
te i prossimi mesi saranno una specie di lunga festa del Fuoco. Un
periodo in cui dovrai alimentare regolarmente la fiamma che arde
dentro di te, lo splendore die tuoi occhi e la lucentezza del tuo
cuore. Sei pronto a dare tutto il calore e la luce possibile alla
prossima fase del tuo progetto? Spero di si, Brucia Leone, Brucia!
Internazionale, Oroscopo
Quasi
un anno fa, una fugace relazione web
2.0 , ovvero uno scambio
di mail, aprì un orizzonte inesplorato oltre oceano; è strano come
un paese possa frustrare i sogni di un ragazzo (l’Italia), è
strano come quegli "enti" che dovrebbero coltivare i sogni di un
cambio possibile, riescano a mortificare le idee e le "pratiche di
cambiamento" che professano (ONG & Co.), fatto sta che una
neo-associazione, o meglio una famiglia fattasi ONLUS decise di
coltivare relazioni e sogni senza scopo di lucro con il
sottoscritto e mi ritrovai proiettato dento un recinto penitenziario,
fatto di abusi e sofferenze indicibili, ma soporatutto di umanità.
Il Penal de San Pedro,
sembra la sintesi delle idiozie umane, ma sopratutto dei suoi
paradossi, perchè l’abbraccio di un privado
de libertad si fa largo
nel tuo corpo direttamente fino all’anima mentre il sorriso di un
bambino, costretto a condividere la pena del padre è la definizione
perfetta della parola Emozione.
Forse
il fiume di emozioni che mi ha travolto in questo 2011 appena
concluso è semplicemente la espressione congenita di congiunzioni
astrologiche che fanno del sottoscritto un Leone, zodiacalmente
parlando: si sa, siamo estremamente passionali e mi ricordo ancora,
solo qualche tempo fa, la mia amata vicina di casa che confondeva il
mio "fuoco" e l‘ impegno nel mio lavoro, con l’odio verso
quiei carcerati che tento di appoggiare!
La
passionalità, così pericolosamente vicina al baratro della
frustrazione e della conseguente depressione ed è per questo che il
più grande augurio che si possa fare a un Leone
(e presto a La Paz se ne riuniranno due insieme!) è quello di
rinverdire quotidianamente le proprie motivazioni per riaccendere
quel fuoco esplosivo che mai si spegne!
La
Paz, consuma anche le fiamme più calde, pur non avendo ossigeno; Il
San Pedro divora le migliori intenzioni, per la lotta quotidiana che
bisogna portare avanti con istitituzioni e persone che „remano
contro“ nel desiderio cieco di vedere affondare il nostro „barcone
solidario“…..
Tuttavia
senza l’ansia di cambiare il mondo in 80 giorni, la forza delle
relazioni positive che riusciremo a costruire, unita al desiderio di
seguire reali pratiche partecipative con i nostri interlocutori,
saranno necessariamente La llave del exito e una buona ricetta per
rendere „sostenibile e Vivibile“ i nostri progetti. Pertanto come
Leone mi faccio tanti auguri in questo 2012 appena iniziato, lo
stesso alla mia musa ispiratrice, Leonessa implacabile, Suegra che si
può solamente odiare amorevolmente.... con gli abbracci infiniti che ti
regala; sprone e motivazione; sorella e socia di onirici obiettivi da
raggiungere in questa realtà, così a portata di mano…..
….La
prima stella a destra e poi, dritti, fino al mattino.
Feliz
2012 mi Barbaridad
Feliz
2012 e Buon cammino a tutti
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