di Barbara Magaolotti
È stata una giornata molto intensa, e sicuramente già durante il viaggio di andata covavo qualcosa dentro al cuore, come la consapevolezza che sarebbe stato difficile incontrarsi per l’ultima volta con questo gruppo di detenuti…
Oggi, ho tentato di portare la macchina fotografica, perché volevo fare qualche foto da condividere con loro e da lasciare come ricordo di questo breve percorso fatto insieme. Nonostante il permesso ricevuto personalmente dal direttore del carcere, ai tre posti di blocco di polizia mi hanno fatto il terzo grado per poter entrare… che fatica… Di nuovo la percezione del forte isolamento che devono vivere queste persone…
L’ultimo film che ho proposto era Amigos intocables (in Italia Quasi amici), la storia vera di una amicizia fra un ragazzo di origine senegalese e un tetraplegico ricchissimo, ambientata a Parigi. È piaciuto tantissimo e alla fine della proiezione tutti i partecipanti hanno applaudito… quasi come un applauso corale a tutto il cineforum: è stato molto emozionante. I ragazzi non sapevano che non sarei più andata a Chonchocoro, perché aspettavo il momento del “dopo film” per dirglielo… Già alle ultime battute del film avevo cominciato a piangere, e a dire il vero mi chiedevo anche il perché, visto che il film l’ho visto più di 5 o 6 volte e l’ultima volta l’ho visto qualche giorno prima del cineforum per essere certa che il dvd fosse a posto e non avesse problemi… mentre mi soffiavo il naso un detenuto mi si avvicina e mi abbraccia e mi dice “Le separazioni sono sempre molto difficili”: ecco che il pianto ha cominciato a diventare un singhiozzo senza via di ritorno e Felipe mi ha abbracciata ancora più forte, come a volermi consolare…mi sono sentita piccola piccola… come sempre sono “gli ultimi” che mi dimostrano che la vita è bella nonostante tutto e che le relazioni umane, sono ciò che conta e che da senso ai nostri giorni. Dopo il pranzo siamo ritornati nella sala del cineforum e abbiamo riflettuto insieme, come sempre, sui contenuti del film e, trattenendo le lacrime a fatica, ho annunciato che presto sarei partita per l’Italia, e che era il nostro ultimo incontro, ringraziando tutti i partecipanti per avermi dato la possibilità di sperimentarmi in questa bellissima attività, e soprattutto per le bellissime riflessioni e contributi personali che ognuno di loro ha regalato a me e agli altri. Raul ha preso la parola e ha espresso la sua gratitudine per l’attività svolta e i bei momenti passati insieme, sottolineando come nel carcere di massima sicurezza Chonchocoro non sia mai successo che tante persone (circa 50 ogni volta) si riunissero dalla mattina alla sera e soprattutto si aprissero a riflessioni anche profonde, personali… mi ha augurato buon viaggio, chiedendomi a nome di tutti di ripetere questa bella esperienza il prossimo anno. Quando è partito l’applauso e le grida dei detenuti hanno invaso la sala, ormai avevo il rimmel spalmato su tutta la faccia e il naso che mi colava irrimediabilmente (il pezzetto di carta igienica che qualcuno mi aveva prestato era ormai zuppo…): uno alla volta sono passati in processione a salutarmi e a dirmi le cose più belle del mondo, dandomi abbracci e strette di mano con gli occhi negli occhi che non potrò mai dimenticare… anche gli irrimediabili “duri” mi hanno donato parole di una profondità senza eguali.
Prima di uscire, sono passata a salutare i detenuti nella sezione di isolamento (una gabbia di filo di ferro… una prigione nella prigione…) e mi sono seduta vicino alla rete di ferro, chiacchierando un po’ del più e del meno. Ad un certo punto ci siamo messi a cantare, a turno a cappella, e il vento e il freddo dell’altipiano sono svaniti come per incanto… poi un poliziotto si è avvicinato e anche lui sorridendo si è messo ad ascoltare quella stramba jam session di voci sgangherate ma piene di energia che stranamente allietava il tardo pomeriggio del carcere di massima sicurezza. La cosa più bella è stata che il poliziotto ad un certo punto si è allontanato e dopo poco è tornato portandoci del te caldo….incredibile il potere emozionale della musica, la sua capacità di unire….uno dei ragazzi mi dice “Barbara, lo sai che quando passi di qui, prima di uscire il martedì pomeriggio, per me è come una boccata d’aria pura? Anche solo questa oretta che passiamo a chiacchierare, mi fa dimenticare per un attimo, dove sono e quanto tempo ci devo restare! Grazie per venirci a trovare!”: altra preziosa perla di umanità che porto via con me da questa esperienza a Chonchocoro… È stata dura dire anche a loro che era l’ultima volta che andavo…
L’altro giorno sono andata a salutare le mie tenere belve feroci del corso di italiano al San Pedro… appena entro nella sezione Jorge il messicano mi guarda con la fronte corrugata e il muso duro “Perché sei venuta oggi?? Dovevi venire la settimana prossima… vai via vero? Non vieni più a trovarci!” ecco, un bel pugno nello stomaco… in ordine sparso arrivano i miei sgallonatissimi studenti e fanno crocchio attorno a me… “Bando alle ciance ragazzi! Vi ho portato le lasagne!!!” e in quel momento spariscono tutti a cercare un contenitore, un barattolo, un piatto, un coperchio, qualsiasi qualcosa possa servire per ricevere la lasagna… e tornano correndo felici come bambini davanti al regalo più bello che avessero mai potuto immaginare! Divorano letteralmente le lasagne in un nanosecondo, e con la faccia soddisfatta mi dicono “Erano squisite!!! Complimenti al cuoco!!! Non ce le scorderemo mai!!!”. Che teneri… Mi fermo un po’ con loro e ci sediamo attorno a un tavolo chiacchierando e comincia un approfondito terzo grado sulla mia vita (ovviamente quella privata!), mancava solo il faretto puntato negli occhi. Curiosi e pettegoli!!! Qualcuno dice “Insomma, sono fatti suoi se non è sposata!”, e Javier “Barbara, una curiosità: quanti anni hai?” e Jorge (che durante questi mesi il terzo grado me lo ha fatto a rate!) “Ha quasi 47 anni, li compie ad agosto”, mentre qualcuno non vuole credere alla mia età, Javier mi sorride soddisfatto e mi stringe la mano e mi mette una mano sulla spalla “Sei una grande! Single per scelta e trovi il tempo per venire a dare lezioni di italiano a noi! Sei una pazza scatenata! Ti voglio bene Barbara, mi mancherai!”. Mi mancherete anche voi ragazzacci… Jorge è triste e cerca di evitare di guardarmi, mi saluta con un abbraccio e si allontana senza voltarsi, allora lo chiamo “Jorge! Guarda che vi passo a trovare la settimana prossima!”, si gira, vedo che ha gli occhi lucidi e non insisto…i ragazzi mi salutano con il classico saluto da banda di strada che ormai in San Pedro faccio con tutti (un “cinque” in orizzontale e poi pugno contro pugno).
Li guardo mentre si allontanano e sento di volere un bene tremendo a questi galeotti, che a volte mi fanno incazzare tremendamente, ma che il più delle volte sanno arrivare proprio dritto al centro del mio cuore…
Penso a questi mesi passati qui con i bambini, con i detenuti, e mi rendo conto che le giornate non sono mai una uguale all’altra…mille storie, mille mondi interiori, mille universi emozionali che mi aprono la loro porta invitandomi a condividere le loro esperienze, insegnandomi ogni giorno cose nuove e facendomi conoscere lati luminosi e oscuri di me stessa… facendomi scoprire che la vita è un cammino a volte duro, difficile ma anche incredibilmente bello e pieno di sorprese inaspettate… basta continuare a camminare, seppur con l’ansia (… la mia fedelissima compagna di viaggio!) ma senza paura, con l’entusiasmo di un bambino alla scoperta del percorso che decidiamo di intraprendere…
Miguel, un detenuto di Chonchocoro mi ha scritto un biglietto:
Barbara, grazie per aver condiviso con noi le tue idee e i tuoi pensieri. Grazie davvero per il tuo impegno con noi, senza chiedere niente in cambio: continua così! Che Dio ti benedica, te lo auguro con il cuore! Che Dio ti guidi per tutto il cammino che intraprenderai. Grazie, grazie, grazie. Ti aspettiamo presto, non ti perdere per troppo tempo. Buona fortuna per tutto quello che farai. Ti apprezziamo molto:
tutti i tuoi amici di Chonchocoro.
Credo proprio di avere la fortuna di essere incappata in un cammino meraviglioso!
Buon cammino a tutti!!!
Un abbraccio forte e affettuoso dalla vostra Barbara
Laboratorio Solidale: per un mondo più giusto (progetti solidali, educativi e formativi per minori e adulti in carcere, avviamento al lavoro di ex carcerati, eventi culturali, artistici, musicali e letterari…) con la tua mano!
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barbara magalotti magababa67@hotmail.com
mercoledì 7 maggio 2014
domenica 2 marzo 2014
Il cielo è una coperta azzurra… diario boliviano dalle carceri e non solo
di Barbara Magalotti
Oggi è una bellissima giornata di sole e il cielo sembra una coperta azzurra messa dietro all’altipiano in mezzo al quale spicca l’Illimani, con le sue cime innevate! Sto uscendo da una tre giorni di influenza e febbrona, e per fare onore a questa calda giornata mi sono vestita di rosso e ho messo il naso fuori di casa per fare una bella passeggiata! Così senza una meta mi sono infilata al mercato Sopocachi, come una turista in vacanza, curiosando di qua e di la’ tra le bancherelle, e mi sono lasciata convincere da una chola a comprare tutto il necessario per “Challar” la casa: petali di fiori, stelle filanti, semi vari colorati d’oro e d’argento, palline di zucchero, petardi e alcol…non posso certo arrivare al “martes de challa” senza l’armamentario per benedire la casa e ricordarmi di ringraziare la onnipresente Pacha Mama con dolcetti e alcol… come non posso mancare di scacciare gli spiritelli più cattivelli facendo esplodere i petardi davanti alla porta di casa!!! Mamma mia è già Carnevale….per le strade è tutto uno scoppiettare di petardi, un susseguirsi di bancarelle che vendono maschere, schiuma, palloncini, stelle filanti, trombette, impermeabili usa e getta…le mie gambe mi portano fino al Prado dove bande avversarie di ragazzi sono in “assetto di guerra” con le loro “munizioni” di schiuma e palloncini d’acqua nei loro zaini…moltissimi in maschera, anche gente adulta, con facce dipinte o parrucche multicolori e il sorriso stampato sul viso! Per evitare il peggio (vista anche la mia bronchite in piena evoluzione), cambio direzione e dopo un bel giro, tra i saliscendi delle vie della città, me ne torno a casa soddisfatta!
Erano secoli che non riuscivo a trovare un momento per camminare senza meta e senza l’ossessione dell’orologio…mi accorgo che le settimane da fine gennaio ad oggi sono letteralmente volate! Davvero intensissime di lavoro, casini, emergenze (sempre e comunque al top nella classifica!!), ma anche tanta bellissima, profondissima, umanità che mi si è stampata perennemente nell’anima. Nonostante la stanchezza, come sempre il lavoro in carcere mi ha regalato momenti indimenticabili e tanti spunti di riflessione e crescita personale…
Ho cominciato il corso di italiano al San Pedro, nella sezione “Chonchocorito”, una sezione che ospita per la maggior parte, persone in terapia per tossicodipendenza… il delegato di sezione mi ha consegnato la lista dei partecipanti: 76 iscritti!!! “No José, 76 non è proprio il caso! NO!” “Ma Barbara, vogliono farlo tutti il corso di italiano…non puoi provarci? Se vuoi ti diamo il patio e mettiamo su l’impianto col microfono (a quel punto stavo scoppiando in una risata!)” “Massimo 35 alunni! E son già troppi!”. Per farla corta, ho dovuto fare un sorteggio selvaggio ed escludere più della metà degli iscritti…ma son bastate 3 lezioni per “scremare” ulteriormente il gruppo e raggiungere un numero decente di partecipanti…
Faccio fatica a descriverveli… Provate ad immaginare una classe di 35 studenti indisciplinati, un branco di galeotti cotti e stracotti, uno più sgallonato dell’altro… e tutti stipati in un piccolo ambiente angusto… Alla fine di ogni lezione mi ci vogliono due giorni per recuperare la voce, ma devo dire che, tutto sommato non mi posso lamentare dell’andazzo. E non sono lezioncine di un’ora: sono quasi 3 ore!!! Certo, all’inizio davvero mi sembrava di aver di fronte la classica casistica di una classe di adolescenti: il tipo duro che ti guarda dall’alto al basso, il giullare sempre pronto a dirne una, il super-timido, il secchione, l’intelligente con propensione per le lingue, quello che proprio non ce la puo’ fare, l’addormentato, e ovviamente il gruppetto in fondo al loggione che fa casino… ma anche quelli che si sono accaparrati i primi posti davanti (ed è ormai il loro posto fisso) dimostrando un reale interesse e che mi fanno anche domande intelligenti!!! No ragazzi… non potete immaginare le risate…ma le risate a crepapelle che ci facciamo!!!! L’altro giorno ho tradotto le parti del corpo umano. Ovviamente Marcelo osserva “Barbara, però ci devi dire TUTTE le parti del corpo!” “Certo Marcelo!” e cosi’ ovviamente ho nominato TUTTE le parti del corpo, delle quali hanno ovviamente voluto sapere anche la traduzione nel gergo volgare…devo dire che è stata una delle lezioni in cui hanno dimostrato più attenzione in assoluto!!! Fantastici!!! Ma la cosa più bella è che ad un certo punto ero li’, con fare da insegnante, che scrivevo alla lavagna delle gran parolacce come se fosse una lezione di alta classe!!! Ahahahahaha!!! Fantastico!!!
La classe si sta trasformando piano piano… Dopo qualche lezione il “super-duro” si è ammorbidito, alza spesso la mano per rispondere a quesiti-spot, e mi viene a chiedere consigli per come fare i compiti; il giullare ha subito imparato in italiano “Chiudi la bocca!” “Chiudi il becco!” e “Silenzio!” e mi da una mano a riprendere le fila della situazione quando il casino sovrasta la lezione; il timido ha superato se stesso, e si alza in piedi e legge ad alta voce dei testi in italiano; quelli del loggione sono stati immediatamente trasferiti di tre file in avanti e non possono più fare casino; l’addormentato viene interrogato più spesso così non fa in tempo ad assopirsi; quello che proprio non ce la può fare è aiutato dal mio gruppo di fans della prima fila… credo davvero di essere felice durante le lezioni… mi sento così accolta da questo branco di galeotti… e poi sono così teneri… alla fine delle lezioni, dopo che ho assegnato i compiti, i ragazzi in processione passano per un abbraccio e un bacio e ci scappa sempre un “Grazie hermana Barbara!” “Davvero grazie per il tuo tempo!” o qualcosa di simile… chi mi lascia un cioccolatino, chi una frutta, chi mi restituisce la penna dalla settimana prima… e non crediate che sia troppo “morbida” come insegnante: le mie origini austriache si fanno sentire anche con sonori urli per richiamare all’ordine, per non parlare dei voti sui compiti (sono una strega!!)… ma nonostante questo sento che questi ragazzacci stanno apprezzando molto questo momento insieme. A prescindere da quello che dell’italiano riusciranno a ricordare (credo molto poco… a parte le parti basse del corpo e in gergo volgare!!!), credo che la cosa più importante per loro sarà quella di essere riusciti a frequentare un corso, essere riusciti ad arrivare puntuali (nei limiti del possibile), soprattutto essere riusciti a concentrarsi, anche se per poco, su qualcosa che non sia la loro detenzione e lo spazio fisico che li “costringe”, la routine alienante che li mortifica, l’aver capito che nel mondo forse c’è qualcuno che non fa le cose solo per soldi, ma anche solo per passione e per i suoi ideali…
Mercoledì scorso sono arrivata a Chonchocorito e mentre preparavo tutto per la lezione vedo Santiago, il super-duro, molto triste. L’ho subito percepito…gli sono andata vicino e mettendogli una mano sulla spalla gli ho chiesto “Come va Santy?... Giornata di merda?”. Mi ha guardata negli occhi, con una profondità allucinante, penetrante, che mi ha quasi fatto male…con gli occhi lucidi, in silenzio… poi ha girato la testa e con la mano mi faceva cenno di non continuare a parlare (credo che stesse piangendo)… gli ho stretto le spalle e gli ho dato una carezza sulla testa, come ad un bambino, perché erano gli occhi di un bambino quelli che ho visto… un bambino tanto triste, così lontano da casa, dalla famiglia, dagli affetti, dalle amicizie, dai punti di riferimento vitali… “Mexico è depresso!” mi dice uno dei ragazzi ridacchiando sarcasticamente. Gli rispondo “E chi non lo è in questo posto? Chi di tutti noi non lo è a volte? Ci sono giornate e giornate, ragazzi, e qui dentro se ti tocca una giornata di merda, è lunga da sfangare, per tutti!… oggi tocca a Santy essere giù. E per lui è dura ancor di più perchè è lontano dal suo paese e dalla sua famiglia… lasciatelo stare oggi, non rompetegli le palle… ok?” Nel frattempo sono arrivati tre o quattro ragazzi che si sono messi a sedere e guardandosi le mani, mi ascoltano… mi rendo conto di star esprimendo quello che ognuno di questi ragazzi prova in cuor suo, ma che fa troppo male esprimere a parole…
W il corso d’italiano, allora. Se può essere occasione anche di scambio e di riflessione socializzata!
I ragazzi del corso di italiano reclamano la mia presenza anche il martedì, per aiutarli a fare i compiti, ma il martedì è la giornata dedicata ai detenuti del carcere di massima sicurezza “Chnchocoro” e devo dire “Non posso!”.
Da inizio febbraio ho iniziato una attività con i detenuti di Chonchocoro, un cineforum con tema portante “L’Ingiustizia” e storie vere di persone che hanno lottato per un ideale (fra i titoli “The Mission” “Missisipi Burning” “Chico Mendez” “Nel nome del Padre” “Grido di Libertà” “Hotel Rwanda” e altri…). Il carcere di massima sicurezza è ubicato sull’altipiano, lontanissimo da tutto e da tutti, a circa un’ora e mezza dalla città…già solo andare e tornare è un viaggio stancante, che mette a dura prova tutte le motivazioni del mondo, ma è soprattutto un viaggio psicologico di allontanamento, isolamento dalla realtà circostante… L’ambiente è assolutamente diverso dal San Pedro: silenzio, chiusura, una cappa di depressione e oppressione che ti arriva addosso come una mazzata in faccia e non puoi fare a meno di percepirla sulla pelle, nella pancia e dentro il cuore. I delegati dei padiglioni “B” e “C” mi aspettano sempre con grande gioia, come se arrivasse la delegazione di chissachì da chissadove… abbracci, baci, strette di mano davvero piene di speranza e umanamente significative per me. Piano piano la sala dove viene proiettato il film si riempie e la partecipazione è veramente alta: circa 60 detenuti partecipanti su una popolazione di 120 di tutto il carcere! Il dibattito, le riflessioni che emergono sono bellissime: e ognuno finalmente tira fuori quello che sente e lo mette in relazione con il tema del film…la cosa più bella è che anche i detenuti del padiglione “A” hanno rotto il muro della paura e sono venuti a partecipare. Quelli dell’”A” notoriamente e da anni, non passavano dall’altra parte per problemi di minacce di morte e incompatibilità relazionali…con questo cineforum molti di loro hanno voluto “rompere” con questa “assurda tradizione” e si sono arrischiati dall’altra parte del muro…al momento non ci sono stati momenti di tensione e addirittura pranziamo tutti insieme nel refettorio che da anni non veniva più utilizzato (perché i detenuti, preso il rancio, normalmente se ne vanno nelle celle a mangiare da soli).
W anche il cineforum allora! Perché forse, attraverso questo momento, siamo riusciti a fare socializzare i detenuti fra loro, a far fare fra loro due chiacchiere mentre pranzano…
Non riesco a dirvi con le parole che grande senso di soddisfazione e di gioia sia per me vedere questi piccoli passi di socializzazione in questo posto così duro, così assolutamente alienante e “segregante”, dove un sorriso è davvero qualcosa di quasi impossibile….
Ho chiesto ai detenuti di scrivere ogni volta due righe sulle impressioni che ha lasciato o il film o la giornata passata insieme. Timidamente, qualcuno mi ha portato un bigliettino con le proprie impressioni riguardo ai film visti. Uno di loro scrive “…a causa di una emozione violenta e sicuramente senza volerlo veramente, il protagonista del film ha ucciso suo fratello. Molti di noi, dei nostri compagni detenuti hanno vissuto questa sorte, e la giustizia e la società ci considera come dei feroci, pericolosi assassini, ma non si curano di sapere come ci sentiamo per quel che abbiamo fatto… Noi viviamo questo giudizio con profondo dolore. Credo che la cosa più importante nella vita sia il senso di fratellanza”… leggendo mi sono venute le lacrime agli occhi.
In Bolivia si dice che il carcere è il posto dove arrivano quelli che “sono scivolati sul sapone”… ma chi di tutti noi è immune dall’errore? Questa è una domanda che mi pongo spesso ultimamente. E lavorare a stretto contatto con queste persone, che sono “scivolate” sulle orrende sponde del “raptus” dell’aggressività e delle proprie debolezze umane è una esperienza che mi pone tutti i giorni di fronte alla riflessione di quanto sia debole il confine che ci separa dagli impulsi del nostro inconscio…
Un giorno, durante una riflessione con i detenuti del carcere di massima sicurezza ho azzardato una riflessione ad alta voce con loro: “Se la vita è una scuola e noi siamo gli allievi, voi di Chonchocoro siete sicuramente degli studenti che hanno avuto la possibilità di una borsa di studio (molto dura, difficile e costosa in termini umani) per capire più a fondo come vanno le cose della vita. E dovete approfittare di questa esperienza del carcere per non lasciare al caso e buttare a mare la vostra “borsa di studio”… Finito questo strano e difficile “corso di studi”, se ne avrete approfittato davvero appieno, avrete acquisito moltissimo a livello umano e avrete tanto da insegnare a chi incontrate per la strada e nella vostra vita” … in quel momento nella sala c’ero solo io, unica donna, e 60 assassini, stupratori, terroristi, soggetti “socialmente pericolosi”… ma c’erano un silenzio e un’attenzione tali che energeticamente hanno rotto i muri del carcere e del pregiudizio!
Lo so… so già quello che state pensando…..sono una pazza, visionaria, una romantica idealista senza speranze….ma davvero quello che è successo a Chonchocoro quel giorno, non me lo potrò dimenticare finché vivrò! …scolara di vita di gente che è stata travolta dai propri impulsi….
Ancora una volta dico “Grazie” a questa vita che mi ha portata a condividere con gli esclusi degli esclusi una esperienza molto profonda…
Vi abbraccio tutti con tanto amore e tanta gioia di vivere!
La vostra Barbara
Oggi è una bellissima giornata di sole e il cielo sembra una coperta azzurra messa dietro all’altipiano in mezzo al quale spicca l’Illimani, con le sue cime innevate! Sto uscendo da una tre giorni di influenza e febbrona, e per fare onore a questa calda giornata mi sono vestita di rosso e ho messo il naso fuori di casa per fare una bella passeggiata! Così senza una meta mi sono infilata al mercato Sopocachi, come una turista in vacanza, curiosando di qua e di la’ tra le bancherelle, e mi sono lasciata convincere da una chola a comprare tutto il necessario per “Challar” la casa: petali di fiori, stelle filanti, semi vari colorati d’oro e d’argento, palline di zucchero, petardi e alcol…non posso certo arrivare al “martes de challa” senza l’armamentario per benedire la casa e ricordarmi di ringraziare la onnipresente Pacha Mama con dolcetti e alcol… come non posso mancare di scacciare gli spiritelli più cattivelli facendo esplodere i petardi davanti alla porta di casa!!! Mamma mia è già Carnevale….per le strade è tutto uno scoppiettare di petardi, un susseguirsi di bancarelle che vendono maschere, schiuma, palloncini, stelle filanti, trombette, impermeabili usa e getta…le mie gambe mi portano fino al Prado dove bande avversarie di ragazzi sono in “assetto di guerra” con le loro “munizioni” di schiuma e palloncini d’acqua nei loro zaini…moltissimi in maschera, anche gente adulta, con facce dipinte o parrucche multicolori e il sorriso stampato sul viso! Per evitare il peggio (vista anche la mia bronchite in piena evoluzione), cambio direzione e dopo un bel giro, tra i saliscendi delle vie della città, me ne torno a casa soddisfatta!
Erano secoli che non riuscivo a trovare un momento per camminare senza meta e senza l’ossessione dell’orologio…mi accorgo che le settimane da fine gennaio ad oggi sono letteralmente volate! Davvero intensissime di lavoro, casini, emergenze (sempre e comunque al top nella classifica!!), ma anche tanta bellissima, profondissima, umanità che mi si è stampata perennemente nell’anima. Nonostante la stanchezza, come sempre il lavoro in carcere mi ha regalato momenti indimenticabili e tanti spunti di riflessione e crescita personale…
Ho cominciato il corso di italiano al San Pedro, nella sezione “Chonchocorito”, una sezione che ospita per la maggior parte, persone in terapia per tossicodipendenza… il delegato di sezione mi ha consegnato la lista dei partecipanti: 76 iscritti!!! “No José, 76 non è proprio il caso! NO!” “Ma Barbara, vogliono farlo tutti il corso di italiano…non puoi provarci? Se vuoi ti diamo il patio e mettiamo su l’impianto col microfono (a quel punto stavo scoppiando in una risata!)” “Massimo 35 alunni! E son già troppi!”. Per farla corta, ho dovuto fare un sorteggio selvaggio ed escludere più della metà degli iscritti…ma son bastate 3 lezioni per “scremare” ulteriormente il gruppo e raggiungere un numero decente di partecipanti…
Faccio fatica a descriverveli… Provate ad immaginare una classe di 35 studenti indisciplinati, un branco di galeotti cotti e stracotti, uno più sgallonato dell’altro… e tutti stipati in un piccolo ambiente angusto… Alla fine di ogni lezione mi ci vogliono due giorni per recuperare la voce, ma devo dire che, tutto sommato non mi posso lamentare dell’andazzo. E non sono lezioncine di un’ora: sono quasi 3 ore!!! Certo, all’inizio davvero mi sembrava di aver di fronte la classica casistica di una classe di adolescenti: il tipo duro che ti guarda dall’alto al basso, il giullare sempre pronto a dirne una, il super-timido, il secchione, l’intelligente con propensione per le lingue, quello che proprio non ce la puo’ fare, l’addormentato, e ovviamente il gruppetto in fondo al loggione che fa casino… ma anche quelli che si sono accaparrati i primi posti davanti (ed è ormai il loro posto fisso) dimostrando un reale interesse e che mi fanno anche domande intelligenti!!! No ragazzi… non potete immaginare le risate…ma le risate a crepapelle che ci facciamo!!!! L’altro giorno ho tradotto le parti del corpo umano. Ovviamente Marcelo osserva “Barbara, però ci devi dire TUTTE le parti del corpo!” “Certo Marcelo!” e cosi’ ovviamente ho nominato TUTTE le parti del corpo, delle quali hanno ovviamente voluto sapere anche la traduzione nel gergo volgare…devo dire che è stata una delle lezioni in cui hanno dimostrato più attenzione in assoluto!!! Fantastici!!! Ma la cosa più bella è che ad un certo punto ero li’, con fare da insegnante, che scrivevo alla lavagna delle gran parolacce come se fosse una lezione di alta classe!!! Ahahahahaha!!! Fantastico!!!
La classe si sta trasformando piano piano… Dopo qualche lezione il “super-duro” si è ammorbidito, alza spesso la mano per rispondere a quesiti-spot, e mi viene a chiedere consigli per come fare i compiti; il giullare ha subito imparato in italiano “Chiudi la bocca!” “Chiudi il becco!” e “Silenzio!” e mi da una mano a riprendere le fila della situazione quando il casino sovrasta la lezione; il timido ha superato se stesso, e si alza in piedi e legge ad alta voce dei testi in italiano; quelli del loggione sono stati immediatamente trasferiti di tre file in avanti e non possono più fare casino; l’addormentato viene interrogato più spesso così non fa in tempo ad assopirsi; quello che proprio non ce la può fare è aiutato dal mio gruppo di fans della prima fila… credo davvero di essere felice durante le lezioni… mi sento così accolta da questo branco di galeotti… e poi sono così teneri… alla fine delle lezioni, dopo che ho assegnato i compiti, i ragazzi in processione passano per un abbraccio e un bacio e ci scappa sempre un “Grazie hermana Barbara!” “Davvero grazie per il tuo tempo!” o qualcosa di simile… chi mi lascia un cioccolatino, chi una frutta, chi mi restituisce la penna dalla settimana prima… e non crediate che sia troppo “morbida” come insegnante: le mie origini austriache si fanno sentire anche con sonori urli per richiamare all’ordine, per non parlare dei voti sui compiti (sono una strega!!)… ma nonostante questo sento che questi ragazzacci stanno apprezzando molto questo momento insieme. A prescindere da quello che dell’italiano riusciranno a ricordare (credo molto poco… a parte le parti basse del corpo e in gergo volgare!!!), credo che la cosa più importante per loro sarà quella di essere riusciti a frequentare un corso, essere riusciti ad arrivare puntuali (nei limiti del possibile), soprattutto essere riusciti a concentrarsi, anche se per poco, su qualcosa che non sia la loro detenzione e lo spazio fisico che li “costringe”, la routine alienante che li mortifica, l’aver capito che nel mondo forse c’è qualcuno che non fa le cose solo per soldi, ma anche solo per passione e per i suoi ideali…
Mercoledì scorso sono arrivata a Chonchocorito e mentre preparavo tutto per la lezione vedo Santiago, il super-duro, molto triste. L’ho subito percepito…gli sono andata vicino e mettendogli una mano sulla spalla gli ho chiesto “Come va Santy?... Giornata di merda?”. Mi ha guardata negli occhi, con una profondità allucinante, penetrante, che mi ha quasi fatto male…con gli occhi lucidi, in silenzio… poi ha girato la testa e con la mano mi faceva cenno di non continuare a parlare (credo che stesse piangendo)… gli ho stretto le spalle e gli ho dato una carezza sulla testa, come ad un bambino, perché erano gli occhi di un bambino quelli che ho visto… un bambino tanto triste, così lontano da casa, dalla famiglia, dagli affetti, dalle amicizie, dai punti di riferimento vitali… “Mexico è depresso!” mi dice uno dei ragazzi ridacchiando sarcasticamente. Gli rispondo “E chi non lo è in questo posto? Chi di tutti noi non lo è a volte? Ci sono giornate e giornate, ragazzi, e qui dentro se ti tocca una giornata di merda, è lunga da sfangare, per tutti!… oggi tocca a Santy essere giù. E per lui è dura ancor di più perchè è lontano dal suo paese e dalla sua famiglia… lasciatelo stare oggi, non rompetegli le palle… ok?” Nel frattempo sono arrivati tre o quattro ragazzi che si sono messi a sedere e guardandosi le mani, mi ascoltano… mi rendo conto di star esprimendo quello che ognuno di questi ragazzi prova in cuor suo, ma che fa troppo male esprimere a parole…
W il corso d’italiano, allora. Se può essere occasione anche di scambio e di riflessione socializzata!
I ragazzi del corso di italiano reclamano la mia presenza anche il martedì, per aiutarli a fare i compiti, ma il martedì è la giornata dedicata ai detenuti del carcere di massima sicurezza “Chnchocoro” e devo dire “Non posso!”.
Da inizio febbraio ho iniziato una attività con i detenuti di Chonchocoro, un cineforum con tema portante “L’Ingiustizia” e storie vere di persone che hanno lottato per un ideale (fra i titoli “The Mission” “Missisipi Burning” “Chico Mendez” “Nel nome del Padre” “Grido di Libertà” “Hotel Rwanda” e altri…). Il carcere di massima sicurezza è ubicato sull’altipiano, lontanissimo da tutto e da tutti, a circa un’ora e mezza dalla città…già solo andare e tornare è un viaggio stancante, che mette a dura prova tutte le motivazioni del mondo, ma è soprattutto un viaggio psicologico di allontanamento, isolamento dalla realtà circostante… L’ambiente è assolutamente diverso dal San Pedro: silenzio, chiusura, una cappa di depressione e oppressione che ti arriva addosso come una mazzata in faccia e non puoi fare a meno di percepirla sulla pelle, nella pancia e dentro il cuore. I delegati dei padiglioni “B” e “C” mi aspettano sempre con grande gioia, come se arrivasse la delegazione di chissachì da chissadove… abbracci, baci, strette di mano davvero piene di speranza e umanamente significative per me. Piano piano la sala dove viene proiettato il film si riempie e la partecipazione è veramente alta: circa 60 detenuti partecipanti su una popolazione di 120 di tutto il carcere! Il dibattito, le riflessioni che emergono sono bellissime: e ognuno finalmente tira fuori quello che sente e lo mette in relazione con il tema del film…la cosa più bella è che anche i detenuti del padiglione “A” hanno rotto il muro della paura e sono venuti a partecipare. Quelli dell’”A” notoriamente e da anni, non passavano dall’altra parte per problemi di minacce di morte e incompatibilità relazionali…con questo cineforum molti di loro hanno voluto “rompere” con questa “assurda tradizione” e si sono arrischiati dall’altra parte del muro…al momento non ci sono stati momenti di tensione e addirittura pranziamo tutti insieme nel refettorio che da anni non veniva più utilizzato (perché i detenuti, preso il rancio, normalmente se ne vanno nelle celle a mangiare da soli).
W anche il cineforum allora! Perché forse, attraverso questo momento, siamo riusciti a fare socializzare i detenuti fra loro, a far fare fra loro due chiacchiere mentre pranzano…
Non riesco a dirvi con le parole che grande senso di soddisfazione e di gioia sia per me vedere questi piccoli passi di socializzazione in questo posto così duro, così assolutamente alienante e “segregante”, dove un sorriso è davvero qualcosa di quasi impossibile….
Ho chiesto ai detenuti di scrivere ogni volta due righe sulle impressioni che ha lasciato o il film o la giornata passata insieme. Timidamente, qualcuno mi ha portato un bigliettino con le proprie impressioni riguardo ai film visti. Uno di loro scrive “…a causa di una emozione violenta e sicuramente senza volerlo veramente, il protagonista del film ha ucciso suo fratello. Molti di noi, dei nostri compagni detenuti hanno vissuto questa sorte, e la giustizia e la società ci considera come dei feroci, pericolosi assassini, ma non si curano di sapere come ci sentiamo per quel che abbiamo fatto… Noi viviamo questo giudizio con profondo dolore. Credo che la cosa più importante nella vita sia il senso di fratellanza”… leggendo mi sono venute le lacrime agli occhi.
In Bolivia si dice che il carcere è il posto dove arrivano quelli che “sono scivolati sul sapone”… ma chi di tutti noi è immune dall’errore? Questa è una domanda che mi pongo spesso ultimamente. E lavorare a stretto contatto con queste persone, che sono “scivolate” sulle orrende sponde del “raptus” dell’aggressività e delle proprie debolezze umane è una esperienza che mi pone tutti i giorni di fronte alla riflessione di quanto sia debole il confine che ci separa dagli impulsi del nostro inconscio…
Un giorno, durante una riflessione con i detenuti del carcere di massima sicurezza ho azzardato una riflessione ad alta voce con loro: “Se la vita è una scuola e noi siamo gli allievi, voi di Chonchocoro siete sicuramente degli studenti che hanno avuto la possibilità di una borsa di studio (molto dura, difficile e costosa in termini umani) per capire più a fondo come vanno le cose della vita. E dovete approfittare di questa esperienza del carcere per non lasciare al caso e buttare a mare la vostra “borsa di studio”… Finito questo strano e difficile “corso di studi”, se ne avrete approfittato davvero appieno, avrete acquisito moltissimo a livello umano e avrete tanto da insegnare a chi incontrate per la strada e nella vostra vita” … in quel momento nella sala c’ero solo io, unica donna, e 60 assassini, stupratori, terroristi, soggetti “socialmente pericolosi”… ma c’erano un silenzio e un’attenzione tali che energeticamente hanno rotto i muri del carcere e del pregiudizio!
Lo so… so già quello che state pensando…..sono una pazza, visionaria, una romantica idealista senza speranze….ma davvero quello che è successo a Chonchocoro quel giorno, non me lo potrò dimenticare finché vivrò! …scolara di vita di gente che è stata travolta dai propri impulsi….
Ancora una volta dico “Grazie” a questa vita che mi ha portata a condividere con gli esclusi degli esclusi una esperienza molto profonda…
Vi abbraccio tutti con tanto amore e tanta gioia di vivere!
La vostra Barbara
lunedì 20 gennaio 2014
Piccole grandi donne...
Da: barbara magalotti <magababa67@hotmail.com
Data: Sun, 19 Jan 2014 18:44:09 +0000
Oggetto: Piccole grandi donne...
Le settimane volano alla velocità della luce… e siamo già quasi a fine gennaio! Dopo le intense attività natalizie e quelle intorno alla fine dell’anno, il nostro Centro Educativo ha chiuso per le vacanze e sono iniziati i lavori di ristrutturazione degli ambienti (primo fra tutti il tetto). Purtroppo la mia salute non è delle migliori, e con grande frustrazione non ho potuto partecipare come sempre alla pulizia e pittura di muri e mobili… ho però trovato un validissimo operaio (ovviamente un detenuto della nostra sezione… lo chiamano “Zorro”… dal nome è tutto un programma!) che oltre a ristrutturare il tetto si è offerto per piccoli lavori idraulici, mentre Philippe, il nostro custode, si è cimentato nella pittura di sedie tavoli e muri. In questi giorni mi sono dedicata quasi esclusivamente alla sistemazione dei documenti della nuova associazione boliviana “Taller Solidario”, ho contattato uno studio contabile che dovrà seguire la contabilità mensilmente e ho iniziato la lunga trafila della preparazione dei documenti per l’apertura di un conto corrente… sembra una impresa impossibile, ma con calma, determinazione e una dose extra di pazienza, dovremmo riuscire a farcela entro la fine di febbraio (mi sembra di sognare… due mesi per aprire un conto in banca!!!!!!!).
La vigilia di Natale, come di consueto, l’ho passata interamente in carcere: al mattino con la preparazione del pranzo per i detenuti (ho portato le mitiche lasagne di Lucio!) al quale hanno partecipato una quindicina di galeotti… e poi in visita ad alcuni detenuti e a quelli in isolamento nella sezione "Muralla", ai quali ho portato miniporzioni di lasagne (che hanno divorato davanti ai miei occhi in qualche nanosecondo!), e infine con i bambini del coro della messa di Natale. Stavo uscendo dal cancello del carcere che erano già quasi le 8 di sera, quando mi fermano un paio di detenuti dicendomi che Santiago il gaucho, uno dei miei studenti del corso di italiano dell’anno scorso, stava uscendo e che non sapeva dove andare a dormire… ho cominciato a fare telefonate a destra e a manca per trovare un dormitorio… ma poi mi si è stretto lo stomaco… e ho pensato che era la Vigilia di Natale… che cosa fredda e deprimente la Vigilia di Natale in un dormitorio, appena usciti dal carcere… ho detto ai ragazzi di dire a Santiago di telefonarmi appena fosse uscito. Così verso le 21 mi arriva la telefonata di Santiago, al quale ho detto di aspettarmi e mi sono fiondata con un taxi al carcere. Quando gli ho detto che l’avrei portato a casa mia (dopo averlo minacciato che se non si fosse comportato ineccepibilmente e che se avesse in mente traffici loschi, l’avrei spedito immediatamente indietro al San Pedro!), si è messo a piangere e mi ha abbracciato forte… e siamo andati a casa camminando e chiacchierando (“Erano tre anni e mezzo che non camminavo, Barbara!”), lui emozionatissimo e io contenta con lui! A casa gli ho preparato la stanza (la stanza di Valentina che era andata in vacanza in Argentina) abbiamo mangiato qualcosa e gli ho mostrato il bagno per la doccia. Sarà stato sotto l’acqua calda una buona mezzora e quando è uscito aveva quasi le lacrime agli occhi, con un sorriso da orecchio a orecchio… penso che vedere Santiago così contento sia stato davvero il più bel regalo di Natale di tutta la mia vita!!! “Oggi ho scoperto di avere un’altra sorella!” mi ha detto prima di andare a dormire… Santiago si è fermato a casa con me una decina di giorni, poi ha preso la strada per l’Argentina… in bocca al lupo fratello!
Un paio di volte sono andata in carcere a controllare i lavori del Centro Educativo e i bambini ovviamente mi hanno accerchiata… ho dovuto cedere alle loro richieste di darmi aiuto, e così ho selezionato un gruppetto tra i più grandi e insieme abbiamo messo mano al grande caos che regnava nell’armadio dei materiali e ci siamo messi a fare la punta a tutte le matite, a cestinare i pennarelli non funzionanti e ha riordinare e sistemare i vari materiali che erano stipati nell’armadio alla rinfusa… c’è stato un momento bellissimo, in cui eravamo seduti tutti intorno al tavolo lavorando, e una bambina ha cominciato a farmi delle domande “Tu hermana Barbara sei sposata?” “No!”, “Quanti figli hai?” “Nessuno!”, “Sei fidanzata?” “No!” “Hai un innamorato?” “No!” e la domanda seguente mi ha fatto morir dal ridere “Hai un amante???” “Ahahahahahahah!!! No! Neanche quello!!!! Sono Vieja, Bruja y Soltera!!!” a quel punto tutti i bambini si sono messi a ridere, e una bambina mi si è avvicinata e mi ha abbracciata dicendomi “Ma sei così bella e buona… come fai a non avere tanti figli? Tu saresti una mamma perfetta, io vorrei avere una mamma come te…”, chiaramente le lacrime volevano uscire allo scoperto, ma le ho trattenute, perché era talmente bello quello che mi aveva appena detto che meritava una risposta: “Per me voi tutti siete come miei figli… e dunque ne ho tantissimi in realtà!”.
Abbiamo chiacchierato tranquilli e qualcuno di loro ha ricordato il campeggio di tre giorni ripescando aneddoti e situazioni comiche passate insieme… poi un bambino mi ha chiesto “Hermana Barbara, facciamo un campeggio in Italia? Io voglio conoscere il Paese da dove vieni!” e tutti “SIIIIIIIII!!!”… sarebbe davvero un sogno portarmi quei bambini in Italia… dopo aver spiegato ai bambini che non è davvero possibile, perché troppo costoso, abbiamo continuato a lavorare…
Sembrava il classico crocchio al tavolo di una casa di campagna, quelle di una volta, dove tutti aiutano quando ci sono da fare dei lavori di gruppo (tipo, che ne so, fare la salsa di pomodoro, o lavorare il maiale…) oppure, quando a Natale si sta tutti a casa in pigiama, chi smangiucchiando qualcosa, chi alla tele, chi leggendo un libro, chi guardando i regali, in relax, e fuori fa freddo… noi eravamo nel nostro Centro Educativo (fra l’altro ancora infestato da secchi di vernice, pennelli, mobili appena verniciati ad asciugare…) e stavamo semplicemente facendo la punta alle matite, ma c’era una serenità e un’armonia nell’aria che mi ha commossa… dentro ad un carcere, le vacanze di Natale di questi bambini, un momento di serenità tutto per loro… bellissimo!
Le bambine volevano a tutti i costi lavare i giocattoli di plastica (lego, costruzioni, la cesta con le cose della “cucina”) e si erano già rimboccate le maniche e corse nel patio con spugne e detersivo per i piatti a cercare un lavandino libero (perché ovviamente nel Centro mancava l’acqua… come sempre!!), ma i lavandini erano tutti occupati e così son tornate tutte deluse al Centro… quando hanno fatto capolino dalla porta mi hanno emozionato, perché davvero sembravano piccole donne, già responsabili e attente alle necessità quotidiane, piccole formichine del focolare… così vulnerabili ma nello stesso tempo così profondamente coraggiose, tra qualche anno probabilmente già madri, già donne vissute in un mondo così machista, già consapevoli delle gioie e dei dolori, ma anche perennemente speranzose nel futuro…
E alle mie piccole donne così fragili e così forti, alla mia Clarita, e a tutte le donne del mondo più o meno fortunate, voglio dedicare questa canzone di De Andrè, che mi commuove sempre fino alle lacrime, e che in due parole descrive tutta una vita….
Un abbraccio con tanto affetto dalla vostra Barbara
http://www.youtube.com/watch?v=JpkGDq2yYTo
AVE MARIA (FABRIZIO DE ANDRE’)
“E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.”
Data: Sun, 19 Jan 2014 18:44:09 +0000
Oggetto: Piccole grandi donne...
Le settimane volano alla velocità della luce… e siamo già quasi a fine gennaio! Dopo le intense attività natalizie e quelle intorno alla fine dell’anno, il nostro Centro Educativo ha chiuso per le vacanze e sono iniziati i lavori di ristrutturazione degli ambienti (primo fra tutti il tetto). Purtroppo la mia salute non è delle migliori, e con grande frustrazione non ho potuto partecipare come sempre alla pulizia e pittura di muri e mobili… ho però trovato un validissimo operaio (ovviamente un detenuto della nostra sezione… lo chiamano “Zorro”… dal nome è tutto un programma!) che oltre a ristrutturare il tetto si è offerto per piccoli lavori idraulici, mentre Philippe, il nostro custode, si è cimentato nella pittura di sedie tavoli e muri. In questi giorni mi sono dedicata quasi esclusivamente alla sistemazione dei documenti della nuova associazione boliviana “Taller Solidario”, ho contattato uno studio contabile che dovrà seguire la contabilità mensilmente e ho iniziato la lunga trafila della preparazione dei documenti per l’apertura di un conto corrente… sembra una impresa impossibile, ma con calma, determinazione e una dose extra di pazienza, dovremmo riuscire a farcela entro la fine di febbraio (mi sembra di sognare… due mesi per aprire un conto in banca!!!!!!!).
La vigilia di Natale, come di consueto, l’ho passata interamente in carcere: al mattino con la preparazione del pranzo per i detenuti (ho portato le mitiche lasagne di Lucio!) al quale hanno partecipato una quindicina di galeotti… e poi in visita ad alcuni detenuti e a quelli in isolamento nella sezione "Muralla", ai quali ho portato miniporzioni di lasagne (che hanno divorato davanti ai miei occhi in qualche nanosecondo!), e infine con i bambini del coro della messa di Natale. Stavo uscendo dal cancello del carcere che erano già quasi le 8 di sera, quando mi fermano un paio di detenuti dicendomi che Santiago il gaucho, uno dei miei studenti del corso di italiano dell’anno scorso, stava uscendo e che non sapeva dove andare a dormire… ho cominciato a fare telefonate a destra e a manca per trovare un dormitorio… ma poi mi si è stretto lo stomaco… e ho pensato che era la Vigilia di Natale… che cosa fredda e deprimente la Vigilia di Natale in un dormitorio, appena usciti dal carcere… ho detto ai ragazzi di dire a Santiago di telefonarmi appena fosse uscito. Così verso le 21 mi arriva la telefonata di Santiago, al quale ho detto di aspettarmi e mi sono fiondata con un taxi al carcere. Quando gli ho detto che l’avrei portato a casa mia (dopo averlo minacciato che se non si fosse comportato ineccepibilmente e che se avesse in mente traffici loschi, l’avrei spedito immediatamente indietro al San Pedro!), si è messo a piangere e mi ha abbracciato forte… e siamo andati a casa camminando e chiacchierando (“Erano tre anni e mezzo che non camminavo, Barbara!”), lui emozionatissimo e io contenta con lui! A casa gli ho preparato la stanza (la stanza di Valentina che era andata in vacanza in Argentina) abbiamo mangiato qualcosa e gli ho mostrato il bagno per la doccia. Sarà stato sotto l’acqua calda una buona mezzora e quando è uscito aveva quasi le lacrime agli occhi, con un sorriso da orecchio a orecchio… penso che vedere Santiago così contento sia stato davvero il più bel regalo di Natale di tutta la mia vita!!! “Oggi ho scoperto di avere un’altra sorella!” mi ha detto prima di andare a dormire… Santiago si è fermato a casa con me una decina di giorni, poi ha preso la strada per l’Argentina… in bocca al lupo fratello!
Un paio di volte sono andata in carcere a controllare i lavori del Centro Educativo e i bambini ovviamente mi hanno accerchiata… ho dovuto cedere alle loro richieste di darmi aiuto, e così ho selezionato un gruppetto tra i più grandi e insieme abbiamo messo mano al grande caos che regnava nell’armadio dei materiali e ci siamo messi a fare la punta a tutte le matite, a cestinare i pennarelli non funzionanti e ha riordinare e sistemare i vari materiali che erano stipati nell’armadio alla rinfusa… c’è stato un momento bellissimo, in cui eravamo seduti tutti intorno al tavolo lavorando, e una bambina ha cominciato a farmi delle domande “Tu hermana Barbara sei sposata?” “No!”, “Quanti figli hai?” “Nessuno!”, “Sei fidanzata?” “No!” “Hai un innamorato?” “No!” e la domanda seguente mi ha fatto morir dal ridere “Hai un amante???” “Ahahahahahahah!!! No! Neanche quello!!!! Sono Vieja, Bruja y Soltera!!!” a quel punto tutti i bambini si sono messi a ridere, e una bambina mi si è avvicinata e mi ha abbracciata dicendomi “Ma sei così bella e buona… come fai a non avere tanti figli? Tu saresti una mamma perfetta, io vorrei avere una mamma come te…”, chiaramente le lacrime volevano uscire allo scoperto, ma le ho trattenute, perché era talmente bello quello che mi aveva appena detto che meritava una risposta: “Per me voi tutti siete come miei figli… e dunque ne ho tantissimi in realtà!”.
Abbiamo chiacchierato tranquilli e qualcuno di loro ha ricordato il campeggio di tre giorni ripescando aneddoti e situazioni comiche passate insieme… poi un bambino mi ha chiesto “Hermana Barbara, facciamo un campeggio in Italia? Io voglio conoscere il Paese da dove vieni!” e tutti “SIIIIIIIII!!!”… sarebbe davvero un sogno portarmi quei bambini in Italia… dopo aver spiegato ai bambini che non è davvero possibile, perché troppo costoso, abbiamo continuato a lavorare…
Sembrava il classico crocchio al tavolo di una casa di campagna, quelle di una volta, dove tutti aiutano quando ci sono da fare dei lavori di gruppo (tipo, che ne so, fare la salsa di pomodoro, o lavorare il maiale…) oppure, quando a Natale si sta tutti a casa in pigiama, chi smangiucchiando qualcosa, chi alla tele, chi leggendo un libro, chi guardando i regali, in relax, e fuori fa freddo… noi eravamo nel nostro Centro Educativo (fra l’altro ancora infestato da secchi di vernice, pennelli, mobili appena verniciati ad asciugare…) e stavamo semplicemente facendo la punta alle matite, ma c’era una serenità e un’armonia nell’aria che mi ha commossa… dentro ad un carcere, le vacanze di Natale di questi bambini, un momento di serenità tutto per loro… bellissimo!
Le bambine volevano a tutti i costi lavare i giocattoli di plastica (lego, costruzioni, la cesta con le cose della “cucina”) e si erano già rimboccate le maniche e corse nel patio con spugne e detersivo per i piatti a cercare un lavandino libero (perché ovviamente nel Centro mancava l’acqua… come sempre!!), ma i lavandini erano tutti occupati e così son tornate tutte deluse al Centro… quando hanno fatto capolino dalla porta mi hanno emozionato, perché davvero sembravano piccole donne, già responsabili e attente alle necessità quotidiane, piccole formichine del focolare… così vulnerabili ma nello stesso tempo così profondamente coraggiose, tra qualche anno probabilmente già madri, già donne vissute in un mondo così machista, già consapevoli delle gioie e dei dolori, ma anche perennemente speranzose nel futuro…
E alle mie piccole donne così fragili e così forti, alla mia Clarita, e a tutte le donne del mondo più o meno fortunate, voglio dedicare questa canzone di De Andrè, che mi commuove sempre fino alle lacrime, e che in due parole descrive tutta una vita….
Un abbraccio con tanto affetto dalla vostra Barbara
http://www.youtube.com/watch?v=JpkGDq2yYTo
AVE MARIA (FABRIZIO DE ANDRE’)
“E te ne vai, Maria, fra l'altra gente
che si raccoglie intorno al tuo passare,
siepe di sguardi che non fanno male
nella stagione di essere madre.
Sai che fra un'ora forse piangerai
poi la tua mano nasconderà un sorriso:
gioia e dolore hanno il confine incerto
nella stagione che illumina il viso.
Ave Maria, adesso che sei donna,
ave alle donne come te, Maria,
femmine un giorno per un nuovo amore
povero o ricco, umile o Messia.
Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente.”
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