lunedì 24 gennaio 2011

Di ritorno da Alto beni

di Barbara Magalotti

Il prurito è allucinante… braccia e gambe un cimitero di punture… di ritorno da Alto Beni, mi son portata il ricordo di migliaia di microinsetti che hanno pasteggiato abbondantemente sui miei poveri arti….

Era già da un po’ che pensavo di portare Linda e Consuelo a fare un bel giro nella Bolivia amazzonica e selvaggia, e l’occasione ci è arrivata quasi servita su un piatto d’argento: un volontario della Papa Giovanni XXIII conosciuto qualche tempo fa’, partiva per Alto Beni (profondo Yungas), per raggiungere la comunità di recupero per alcolisti in mezzo alla giungla e dopo averne parlato con il responsabile, Padre Alessandro, ci siamo unite anche noi alla spedizione! Lasciando la città, come sempre il paesaggio yungueño progressivamente più verde “fitto” e selvaggio che si attraversa per arrivare ad Alto Beni, ti lascia senza fiato…come senza fiato ti lasciano le curve sulla stradina di terra battuta prese sul ciglio dei burroni a strapiombo sulla vallata che si perde in migliaia di metri di altezza… una di quelle esperienze che ti lasciano il segno!!!

Siamo partiti con Miguel, Segundino, Raul, Juan, Carlos e il volontario italiano, Corrado,  che si sarebbe fermato un paio di mesi ad aiutare il coordinatore presente nella comunità di Alto Beni.

Il viaggio è stato estenuante, con un bus di quelli che se li vedi da lontano dici “….e quel coso lì come fa a rimanere in moto???”, ma che se ci sali sopra ti fai solo il segno della croce e ti metti a pregare! Siamo partiti con circa un’ora e mezzo di ritardo e siamo arrivati circa 4 ore dopo l’orario previsto:  in tutto 10 ore fino a Palos Blancos. Li’ Giovanni, il coordinatore della comunità ci aspettava con la camionetta: per arrivare alla comunità un’altra ora di viaggio in mezzo alla selva! Una stanchezza esagerata… ma CHE BELLO!!! Al buio non si vedeva un gran che’, ma i versi degli animali notturni, i rumori della foresta sono qualcosa che ti rapisce e ti fa piombare nelle braccia delle tue più recondite paure…ma anche in sella ai sogni più fantastici!

Le baracche di legno della comunità sono  in fase di ristrutturazione, per cui ci siamo arrangiati a dormire su letti molto spartani e Consuelo ha dormito su un materasso per terra…dopo aver fatto scappare qualche topolino infiltratosi nello stanzone comune. Una vera e propria prova di coraggio dormire sul pavimento, senza la zanzariera a protezione delle migliaia di insetti di tutte le forme e dimensioni… Grande Consu!!! Dopo questo “rito iniziatico”, potrai andare davvero dappertutto!!!

Tutto molto “basico”, assolutamente senza optional di alcun tipo, a parte la corrente elettrica e l’acqua corrente, che 7 anni fa’, quando vi andai per la prima volta, ancora non c’erano . Vita da campo, ma non da campo scout…da campo di lavoro!!! I ragazzi ci hanno accolto con grande entusiasmo e ho trovato alcuni dei chicos de la calle con i quali avevo lavorato in passato…ancora presi dalla problematica della dipendenza da sostanze, ma con il desiderio di uscirne. E arrivare ad Alto Beni, significa davvero lasciarsi alle spalle tutto un mondo di “strutture”, comodità che in qualche modo ti “proteggono” dal contatto vero e proprio con te stesso. Arrivare al campo, significa spogliarsi di tutto e guadarsi,percepirsi nella propria vera essenza:  il nucleo centrale del se’ senza maschere, senza “edulcoranti”. Il contatto con la natura è totale. Una immersione profonda nella dimensione forse più “animale”, essenziale, di se stessi. E allora ti trovi ad essere senza la tua “maschera cittadina”, a sentire le emozioni quasi allo stato puro: paura e ansia soprattutto. Perché non ci sono i tanti “stimoli” e “cuscinetti chimico-elettrico-meccanici costruiti ad hoc” a farti dimenticare dalla noia, a distrarti dall’ansia, a proteggerti dalla paura. Sei lì, con la natura imprevedibile e selvaggia, con te stesso , con i tuoi compagni e con il lavoro da svolgere. È molto forte questo impatto. Personalmente l’ho sentito profondamente: ed io ero lì solo per qualche giorno…

Carlos era molto felice di avermi trovata e aver fatto il viaggio insieme a me, che ero stata la sua educatrice quasi dieci anni fa… l’ha preso come un segno del destino J… come se qualcuno da lassù avesse tramato perché ad accompagnarlo al campo ci fosse una persona affettivamente importante…un po’ come la mamma che accompagna il bambino il primo giorno di scuola. La cocaina l’ha completamente cotto… e probabilmente non tornerà più alla “normalità” di come sarebbe potuto essere, ma potrà comunque raggiungere un suo equilibrio e raggiungere la migliore forma che gli è concessa. A dire il vero parecchi dei ragazzi accolti, avendo consumato alcol e droghe per lungo tempo, sono arrivati ad un “punto di non ritorno”, almeno a livello psichico… ma il percorso terapeutico potrebbe dare loro un “indirizzo di vita” attraverso il quale migliorare per quanto possibile e arrivare all’autonomia personale.

I ragazzi ci hanno portato a vedere i campi coltivati a riso, banane, ananas, caffè. Abbiamo fatto una bella passeggiata nella selva, attraverso la quale i ragazzi ci facevano strada con i machete, incontrando una miriade di frutti e piante di forme e colori stranissimi: anche una pianta con le foglie verdi e blu (una modificazione della pianta a difesa contro gli insetti; infatti le foglie verdi erano mangiucchiate, mentre quelle blu erano tutte intere). Veramente bello, se si lascia a casa la paura di sporcarsi, di infangarsi, di “mescolarsi” con l’ambiente circostante…e la paura degli insetti che sono davvero onnipresenti (…mentre vi scrivo sono completamente ricoperta di punture terribilmente pruriginose…mi sento tanto Maga Magò de “la Spada nella roccia”nella sfida magica, quando Merlino si trasforma in virus ed entra nel corpo della strega che si ricopre di bolle rosse!!!).

Al campo vivono attualmente dieci alcolisti in programma terapeutico, di cui 3 o 4 in età avanzata (tra i 50 e i 60 anni). Con loro c’è Giovanni, un volontario italiano che doveva stare 6 mesi, ma che ora vive lì da 4 anni  e non è mai tornato in Italia da quando è arrivato ad Alto Beni! Sta bene con se stesso e ha trovato la sua dimensione. Certo, da solo, in mezzo alla foresta con 10 persone e tanto lavoro da fare è dura. Avrebbe bisogno almeno di un paio di persone che lo affianchino nella coordinazione delle attività, del lavoro nei campi, ma soprattutto nel lavoro educativo con i ragazzi, nella gestione dei casi… Ho parlato a lungo con Giovanni di come si sente, di come gli piacerebbe potenziare questo centro. La Papa Giovanni XXIII negli ultimi anni ha un po’ abbandonato questo centro, ed è un vero peccato, perché ha delle potenzialità grandissime. Dalla comunità di Alto Beni sono uscite tante persone che ora vivono una vita “normale”, che si sono reinseriti in maniera sana nella società…

Il bisogno di comunicare e di parlare dei ragazzi è fortissimo. E siccome non capita spesso che arrivino ospiti a trovarli, Linda, Consuelo e io stessa abbiamo ascoltato e parlato a lungo con ognuno dei ragazzi. La cosa bella è che davvero ognuno a modo suo cercava di accaparrarsi la nostra attenzione, per esserne il centro, almeno per un po’. La capacità di aprirsi e di condividere i propri vissuti di questi ragazzi, è commovente: commovente perché è il chiaro segno di un forte bisogno di intimità, di affetto, di amore gratis, che molti di loro non hanno mai sperimentato. Con Miguel ho fatto veramente delle belle chiacchierate e la seconda sera, dopo cena, ha voluto sfogarsi per tutta una serie di dubbi, paure, amarezze e difficoltà che sentiva dentro di se’. Abbiamo parlato camminando e poi ci siamo fermati a guardare le stelle. Che meraviglia! Mi sono chiesta che cosa potessi volere di più di questo. E mi sono risposta che davvero , lo spogliarsi degli optional, ti “costringe” a renderti conto dell’essenzialità delle cose e della bellezza della vita di cui fai parte e che ti circonda. E un’altra volta ho avuto la fortuna di imparare una lezione di quelle che ti porti nel cuore per sempre.

Miguel ha quasi finito il programma ed è il braccio destro di Giovanni. Lo aiuta in ogni sua attività, lo sostiene, si confronta con lui… una sera l’ho visto seduto sul letto vicino a lui, che lo aiutava nell’organizzazione della giornata successiva… affezionato, fedele e amorevole come un figlio… la scena mi ha commossa non tanto per il bel rapporto, evidente tra i due, ma perché durante la nostra chiacchierata notturna Miguel mi ha confessato la sua preoccupazione per la solitudine di Giovanni, che avrebbe voluto aiutarlo a dare delle regole più severe ai ragazzi che si approfittano di Giovanni “perché” diceva “Giovanni è troppo buono”, “Ma se io faccio presente ai ragazzi che bisogna fare bene le cose, loro se la prendono con me… mi dicono “Chi sei tu per comandare?” e dire che io non sono certo uno a cui piace dare ordini! Figurati! Io che da quando avevo 3 anni ho vissuto in orfanotrofio e son passato da un centro di accoglienza  ad un altro fino ai miei 15 anni! Che ho dovuto sentirmi dire da una serie infinita di sconosciuti “Fai questo, fai quello!” figurati quanto mi piace dare ordini!?” …lo diceva sorridente, con una semplicità, con una nonchalance, come se stesse parlando, che so, di cosa aveva mangiato il giorno prima… mi ha commosso nel profondo questo ragazzo cosi’ sensibile… Miguel è sempre attivo, sempre sorridente, si preoccupa sempre degli altri, se c’è un problema lui è quello che dice “Dai, che non è niente! Guarda, adesso aggiustiamo tutto!” “Dai, che passa”… ma dove la trova tutta questa umanità? Quel che è certo è che mi ha dato una bella lezione di vita, una bella mazzata nei denti del mio orgoglio e dei miei piagnucolii esistenziali…insomma, mi ha dato il giro venti volte (mi devo ancora riprendere!)!

Finita la chiacchierata, nella quale ho cercato per come potevo di riflettere sulle sue buone qualità e dirgli di cercare di essere sereno, Miguel mi ha detto sorridendo , con una semplicità che mi ha quasi fatto piangere “Grazie Barbara, adesso che ho parlato con te mi sento davvero molto meglio! Mi hai fatto vedere le cose da una prospettiva che non avevo mai preso in considerazione! E vedo le cose non più così tragiche! Grazie perché mi sai ascoltare e con il tuo bel carattere mi metti di buon umore.” Mi sono sentita sprofondare davanti a quest’uomo così grande che non se ne rendeva nemmeno conto… “Grazie a te Miguel, per avermi lasciato entrare nel tuo mondo e aver condiviso con te un pezzetto della tua vita!”… l’abbraccio che ci siamo dati è stato di quelli che trasmettono tanto e lasciano dentro una consapevolezza: quella che è la condivisione che ci porta a crescere, a migliorare, a dare un contributo e un senso al nostro essere in questo mondo…

Prima di andare a dormire volevo salutare Jimmy e Carlos (tutti e due psichiatricamente “andati”) che parlavano fuori dalla baracca. Appena mi avvicino, cominciano a parlarmi tutti e due insieme. Evidentemente incapaci di darsi un turno, ognuno seguiva un suo filo logico che ovviamente non riuscivo a seguire e io nel mezzo che giravo la testa prima da una parte e poi dall’altra, annuendo di qua e di là, “Eh sì” “Eh già” “Certo!” “Claro que sì”… Carlos si arrabbia con Jimmy “Stavo parlando io con la Barbara!”. Jimmy mette le mani conserte stizzito “Ok!”, allora Carlos ricomincia il suo discorso delirante e intanto Jimmy, sempre con le mani conserte, continua a mezza voce “Ok, parla!” “Io non parlo, ti lascio parlare” “Dai, parla. Io aspetto che finisci” “Tra un po’ tocca a me parlare”… ragazzi, avrei voluto avere una cinepresa, perché erano fenomenali!!! Sembravano un duo comico e a me scappava troppo da ridere… a un certo punto Carlos fulmina Jimmy con uno sguardo e io colgo l’occasione per dire “Ragazzi buona notte! Vado a letto perché sono stanca morta!” e me la svigno!

Quando entro nel letto mi scappa ancora da ridere a pensare a quei due e sghignazzo sottovoce… ma nello stesso tempo provo una tenerezza infinita, pensando a quanto bisogno di attenzione  e di amore devono provare questi ragazzi…

Giovanni mi chiede se posso tornare a trovarli…gli prometto che tornerò almeno una volta ogni mese e mezzo e mi fermerò qualche giorno al campo, per stare con i ragazzi, parlare con loro, ascoltarli, condividere  … e imparare tanto da loro!

Tornando a La Paz il ricordo dei chicos e della selva è molto forte. E forte è anche il desiderio di tornare!

Vi mando un po’ di foto di Alto Beni, perché possiate anche voi viaggiare con la mente e accompagnarmi in questo tuffo nella natura selvaggia!

Un abbraccio… pruriginoso!!!

La vostra Barbara


Album foto qui
http://bit.ly/gfqrR5

Nessun commento:

Posta un commento