domenica 2 marzo 2014

Il cielo è una coperta azzurra… diario boliviano dalle carceri e non solo


di Barbara Magalotti
 

Oggi è una bellissima giornata di sole e il cielo sembra una coperta azzurra messa dietro all’altipiano in mezzo al quale spicca l’Illimani, con le sue cime innevate! Sto uscendo da una tre giorni di influenza e febbrona, e per fare onore a questa calda giornata mi sono vestita di rosso e ho messo il naso fuori di casa per fare una bella passeggiata! Così senza una meta mi sono infilata al mercato Sopocachi, come una turista in vacanza, curiosando di qua e di la’ tra le bancherelle, e mi sono lasciata convincere da una chola a comprare tutto il necessario per “Challar” la casa: petali di fiori, stelle filanti, semi vari colorati d’oro e d’argento, palline di zucchero, petardi e alcol…non posso certo arrivare al “martes de challa” senza l’armamentario per benedire la casa e ricordarmi di ringraziare la onnipresente Pacha Mama con dolcetti e alcol… come non posso mancare di scacciare gli spiritelli più cattivelli facendo esplodere i petardi davanti alla porta di casa!!! Mamma mia è già Carnevale….per le strade è tutto uno scoppiettare di petardi, un susseguirsi di bancarelle che vendono maschere, schiuma, palloncini, stelle filanti, trombette, impermeabili usa e getta…le mie gambe mi portano fino al Prado dove bande avversarie di ragazzi sono in “assetto di guerra” con le loro “munizioni” di schiuma e palloncini d’acqua nei loro zaini…moltissimi in maschera, anche gente adulta, con facce dipinte o parrucche multicolori e il sorriso stampato sul viso! Per evitare il peggio (vista anche la mia bronchite in piena evoluzione), cambio direzione e dopo un bel giro, tra i saliscendi delle vie della città, me ne torno a casa soddisfatta!
Erano secoli che non riuscivo a trovare un momento per camminare senza meta e senza l’ossessione dell’orologio…mi accorgo che le settimane da fine gennaio ad oggi sono letteralmente volate! Davvero intensissime di lavoro, casini, emergenze (sempre e comunque al top nella classifica!!), ma anche tanta bellissima, profondissima, umanità che mi si è stampata perennemente nell’anima. Nonostante la stanchezza, come sempre il lavoro in carcere mi ha regalato momenti indimenticabili e tanti spunti di riflessione e crescita personale…

 

Ho cominciato il corso di italiano al San Pedro, nella sezione “Chonchocorito”, una sezione che ospita per la maggior parte, persone in terapia per tossicodipendenza… il delegato di sezione mi ha consegnato la lista dei partecipanti: 76 iscritti!!! “No José, 76 non è proprio il caso! NO!” “Ma Barbara, vogliono farlo tutti il corso di italiano…non puoi provarci? Se vuoi ti diamo il patio e mettiamo su l’impianto col microfono (a quel punto stavo scoppiando in una risata!)” “Massimo 35 alunni! E son già troppi!”. Per farla corta, ho dovuto fare un sorteggio selvaggio ed escludere più della metà degli iscritti…ma son bastate 3 lezioni per “scremare” ulteriormente il gruppo e raggiungere un numero decente di partecipanti…
Faccio fatica a descriverveli… Provate ad immaginare una classe di 35 studenti indisciplinati, un branco di galeotti cotti e stracotti, uno più sgallonato dell’altro… e tutti stipati in un piccolo ambiente angusto… Alla fine di ogni lezione mi ci vogliono due giorni per recuperare la voce, ma devo dire che, tutto sommato non mi posso lamentare dell’andazzo. E non sono lezioncine di un’ora: sono quasi 3 ore!!! Certo, all’inizio davvero mi sembrava di aver di fronte la classica casistica di una classe di adolescenti: il tipo duro che ti guarda dall’alto al basso, il giullare sempre pronto a dirne una, il super-timido, il secchione, l’intelligente con propensione per le lingue, quello che proprio non ce la puo’ fare, l’addormentato, e ovviamente il gruppetto in fondo al loggione che fa casino… ma anche quelli che si sono accaparrati i primi posti davanti (ed è ormai il loro posto fisso) dimostrando un reale interesse e che mi fanno anche domande intelligenti!!! No ragazzi… non potete immaginare le risate…ma le risate a crepapelle che ci facciamo!!!! L’altro giorno ho tradotto le parti del corpo umano. Ovviamente Marcelo osserva “Barbara, però ci devi dire TUTTE le parti del corpo!” “Certo Marcelo!” e cosi’ ovviamente ho nominato TUTTE le parti del corpo, delle quali hanno ovviamente voluto sapere anche la traduzione nel gergo volgare…devo dire che è stata una delle lezioni in cui hanno dimostrato più attenzione in assoluto!!! Fantastici!!! Ma la cosa più bella è che ad un certo punto ero li’, con fare da insegnante, che scrivevo alla lavagna delle gran parolacce come se fosse una lezione di alta classe!!! Ahahahahaha!!! Fantastico!!!
La classe si sta trasformando piano piano…  Dopo qualche lezione il “super-duro” si è ammorbidito, alza spesso la mano per rispondere a quesiti-spot, e mi viene a chiedere consigli per come fare i compiti; il giullare ha subito imparato in italiano “Chiudi la bocca!” “Chiudi il becco!” e “Silenzio!” e mi da una mano a riprendere le fila della situazione quando il casino sovrasta la lezione; il timido ha superato se stesso, e si alza in piedi e legge ad alta voce dei testi in italiano; quelli del loggione sono stati immediatamente trasferiti di tre file in avanti e non possono più fare casino; l’addormentato viene interrogato più spesso così non fa in tempo ad assopirsi; quello che proprio non ce la può fare è aiutato dal mio gruppo di fans della prima fila… credo davvero di essere felice durante le lezioni… mi sento così accolta da questo branco di galeotti… e poi sono così teneri… alla fine delle lezioni, dopo che ho assegnato i compiti, i ragazzi in processione passano per un abbraccio e un bacio e ci scappa sempre un “Grazie hermana Barbara!” “Davvero grazie per il tuo tempo!” o qualcosa di simile… chi mi lascia un cioccolatino, chi una frutta, chi mi restituisce la penna dalla settimana prima… e non crediate che sia troppo “morbida” come insegnante: le mie origini austriache si fanno sentire anche con sonori urli per richiamare all’ordine, per non parlare dei voti sui compiti (sono una strega!!)… ma nonostante questo sento che questi ragazzacci stanno apprezzando molto questo momento insieme. A prescindere da quello che dell’italiano riusciranno a ricordare (credo molto poco… a parte le parti basse del corpo e in gergo volgare!!!), credo che la cosa più importante per loro sarà quella di essere riusciti a frequentare un corso, essere riusciti ad arrivare puntuali (nei limiti del possibile), soprattutto essere riusciti a concentrarsi, anche se per poco, su qualcosa che non sia la loro detenzione e lo spazio fisico che li “costringe”, la routine alienante che li mortifica, l’aver capito che nel mondo forse c’è qualcuno che non fa le cose solo per soldi, ma anche solo per passione e per i suoi ideali…

Mercoledì scorso sono arrivata a Chonchocorito e mentre preparavo tutto per la lezione vedo Santiago, il super-duro, molto triste. L’ho subito percepito…gli sono andata vicino e mettendogli una mano sulla spalla gli ho chiesto “Come va Santy?... Giornata di merda?”. Mi ha guardata negli occhi, con una profondità allucinante, penetrante, che mi ha quasi fatto male…con gli occhi lucidi, in silenzio… poi ha girato la testa e con la mano mi faceva cenno di non continuare a parlare (credo che stesse piangendo)… gli ho stretto le spalle e gli ho dato una carezza sulla testa, come ad un bambino, perché erano gli occhi di un bambino quelli che ho visto… un bambino tanto triste, così lontano da casa, dalla famiglia, dagli affetti, dalle amicizie, dai punti di riferimento vitali… “Mexico è depresso!” mi dice uno dei ragazzi ridacchiando sarcasticamente. Gli rispondo “E chi non lo è in questo posto? Chi di tutti noi non lo è a volte? Ci sono giornate e giornate, ragazzi, e qui dentro se ti tocca una giornata di merda, è lunga da sfangare, per tutti!… oggi tocca a Santy essere giù. E per lui è dura ancor di più perchè è lontano dal suo paese e dalla sua famiglia… lasciatelo stare oggi, non rompetegli le palle… ok?” Nel frattempo sono arrivati tre o quattro ragazzi che si sono messi a sedere e guardandosi le mani, mi ascoltano… mi rendo conto di star esprimendo quello che ognuno di questi ragazzi prova in cuor suo, ma che fa troppo male esprimere a parole…
W il corso d’italiano, allora. Se può essere occasione anche di scambio e di riflessione socializzata!
I ragazzi del corso di italiano reclamano la mia presenza anche il martedì, per aiutarli a fare i compiti, ma il martedì è la giornata dedicata ai detenuti del carcere di massima sicurezza “Chnchocoro” e devo dire “Non posso!”.

Da inizio febbraio ho iniziato una attività con i detenuti di Chonchocoro, un cineforum con tema portante “L’Ingiustizia” e storie vere di persone che hanno lottato per un ideale (fra i titoli “The Mission” “Missisipi Burning” “Chico Mendez” “Nel nome del Padre” “Grido di Libertà” “Hotel Rwanda” e altri…). Il carcere di massima sicurezza è ubicato sull’altipiano, lontanissimo da tutto e da tutti, a circa un’ora e mezza dalla città…già solo andare e tornare è un viaggio stancante, che mette a dura prova tutte le motivazioni del mondo, ma è soprattutto un viaggio psicologico di allontanamento, isolamento dalla realtà circostante… L’ambiente è assolutamente diverso dal San Pedro: silenzio, chiusura, una cappa di depressione e oppressione che ti arriva addosso come una mazzata in faccia e non puoi fare a meno di percepirla sulla pelle, nella pancia e dentro il cuore. I delegati dei padiglioni “B” e “C” mi aspettano sempre con grande gioia, come se arrivasse la delegazione di chissachì da chissadove… abbracci, baci, strette di mano davvero piene di speranza e umanamente significative per me. Piano piano la sala dove viene proiettato il film si riempie e la partecipazione è veramente alta: circa 60 detenuti partecipanti su una popolazione di 120 di tutto il carcere! Il dibattito, le riflessioni che emergono sono bellissime: e ognuno finalmente tira fuori quello che sente e lo mette in relazione con il tema del film…la cosa più bella è che anche i detenuti del padiglione “A” hanno rotto il muro della paura e sono venuti a partecipare. Quelli dell’”A” notoriamente e da anni, non passavano dall’altra parte per problemi di minacce di morte e incompatibilità relazionali…con questo cineforum molti di loro hanno voluto “rompere” con questa “assurda tradizione” e si sono arrischiati dall’altra parte del muro…al momento non ci sono stati momenti di tensione e addirittura pranziamo tutti insieme nel refettorio che da anni non veniva più utilizzato (perché i detenuti, preso il rancio, normalmente se ne vanno nelle celle a mangiare da soli).
W anche il cineforum allora! Perché forse, attraverso questo momento, siamo riusciti a fare socializzare i detenuti fra loro, a far fare fra loro due chiacchiere mentre pranzano…
Non riesco a dirvi con le parole che grande senso di soddisfazione e di gioia sia per me vedere questi piccoli passi di socializzazione in questo posto così duro, così assolutamente alienante e “segregante”, dove un sorriso è davvero qualcosa di quasi impossibile….
Ho chiesto ai detenuti di scrivere ogni volta due righe sulle impressioni che ha lasciato o il film o la giornata passata insieme. Timidamente, qualcuno mi ha portato un bigliettino con le proprie impressioni riguardo ai film visti. Uno di loro scrive “…a causa di una emozione violenta e sicuramente senza volerlo veramente, il protagonista del film ha ucciso suo fratello. Molti di noi, dei nostri compagni detenuti hanno vissuto questa sorte, e la giustizia e la società ci considera come dei feroci, pericolosi assassini, ma non si curano di sapere come ci sentiamo per quel che abbiamo fatto… Noi viviamo questo giudizio con profondo dolore. Credo che la cosa più importante nella vita sia il senso di fratellanza”… leggendo mi sono venute le lacrime agli occhi.

In Bolivia si dice che il carcere è il posto dove arrivano quelli che “sono scivolati sul sapone”… ma chi di tutti noi è immune dall’errore? Questa è una domanda che mi pongo spesso ultimamente. E lavorare a stretto contatto con queste persone, che sono “scivolate” sulle orrende sponde del “raptus” dell’aggressività e delle proprie debolezze umane è una esperienza che mi pone tutti i giorni di fronte alla riflessione di quanto sia debole il confine che ci separa dagli impulsi del nostro inconscio…

Un giorno, durante una riflessione con i detenuti del carcere di massima sicurezza ho azzardato una riflessione ad alta voce con loro: “Se la vita è una scuola e noi siamo gli allievi, voi di Chonchocoro siete sicuramente degli studenti che hanno avuto la possibilità di una borsa di studio (molto dura, difficile e costosa in termini umani) per capire più a fondo come vanno le cose della vita. E dovete approfittare di questa esperienza del carcere per non lasciare al caso e buttare a mare la vostra “borsa di studio”… Finito questo strano e difficile “corso di studi”, se ne avrete approfittato davvero appieno, avrete acquisito moltissimo a livello umano e avrete tanto da insegnare a chi incontrate per la strada e nella vostra vita” … in quel momento nella sala c’ero solo io, unica donna, e 60 assassini, stupratori, terroristi, soggetti “socialmente pericolosi”… ma c’erano un silenzio e un’attenzione tali che energeticamente hanno rotto i muri del carcere e del pregiudizio!

Lo so… so già quello che state pensando…..sono una pazza, visionaria, una romantica idealista senza speranze….ma davvero quello che è successo a Chonchocoro quel giorno, non me lo potrò dimenticare finché vivrò! …scolara di vita di gente che è stata travolta dai propri impulsi….
Ancora una volta dico “Grazie” a questa vita che mi ha portata a condividere con gli esclusi degli esclusi una esperienza molto profonda…

Vi abbraccio tutti con tanto amore e tanta gioia di vivere!
La vostra Barbara

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