venerdì 12 giugno 2015

TORCE

di Barbara Magalotti

Sembra che quest'anno la stagione delle piogge non ne voglia proprio sapere di andare in vacanza! Così come il freddo non se ne è mai andato completamente e qualche strascico di pioggia con il suo seguito di giornate nuvolose lotta ancora contro il sole dell'autunno: insomma un gran mischione di stagioni.  E così, senza rendermene conto, è arrivato anche Aprile inoltrato… sono stati mesi molto “pieni” e densi di lavoro. La fatica è stata come sempre ricompensata con momenti speciali di rara intensità e commovente umanità.



Da fine febbraio ho iniziato un cineforum con i detenuti della Sezione Chonchocorito, che è la sezione di riabilitazione da sostanze (quella dove l'anno scorso avevo proposto il corso di italiano). I ragazzi sono davvero un DISASTRO! UN DELIRIO! Bisognerebbe scrivere un libro… Del disordine e del caos interiore.

Il primo giorno di cineforum, dacché dovevamo iniziare alle 9,00 abbiamo iniziato alle 10,30 – tanto per darvi un'idea della fantastica organizzazione! La sala dove avevamo deciso di vedere i film, in realtà è un dormitorio per circa 50 detenuti: di notte stendono i materassi di paglia sul pavimento, e di giorno li accatastano tutti lungo una parete… Bene, no problem! Io di sicuro non mi formalizzo… il problema è che, arrivata nella sala alle 9,10, i materassi erano ancora tutti belli stesi nella sala, e ancora qualche bell'addormentato ronfava rannicchiato sotto le coperte: UFFAAAAAAAAA! Ho cominciato a dire che me ne sarei andata e subito i ragazzi iscritti al cineforum hanno fatto sloggiare gli ultimi assonnati e hanno cercato in fretta e furia le sedie, che non bastavano. Morale della storia: ho fatto stendere i materassi di paglia e ci siamo accomodati tutti ai lati del salone, seduti sui materassi (se avessimo aspettato che comparissero tutte le sedie avremmo cominciato a mezzogiorno). 




Comunque, dopo quella mattina, abbiamo cambiato l'orario dell'incontro al pomeriggio. I partecipanti (circa una quarantina) sono tutti detenuti con alle spalle (o quasi…) problemi di dipendenza da sostanze (molti dei quali hanno iniziato a consumare in carcere), dunque il loro livello di attenzione è veramente pari a zero, e i più hanno gravi problemi di memoria; insomma alla fine della visione dei film, sempre preceduti da una mia breve introduzione con la descrizione a grandi linee della trama o degli argomenti trattati, le prime domande che mi fanno di getto sono “Come si chiamava il protagonista?” “Dov'è che era ambientato il film?” e ovviamente la stessa domanda rivoltami da qualcuno, mi viene fatta esattamente 2 secondi dopo da qualcun altro! Da qualche settimana però i miei ragazzacci hanno finalmente iniziato a leggere le fotocopie con le trame dei film e arrivano già preparati il mercoledì pomeriggio: era ora! Da un'iniziale “sbruffonaggine” di facciata delle prime volte, ora, dopo 5 incontri, si è creata una atmosfera di intimità e di affetto che ha addirittura unito il gruppo. Quando arrivo in sezione i ragazzi mi accolgono con dei sorrisi contenti che mi scaldano il cuore, gridando felici “È arrivata la Barbara!!”, subito qualcuno mi prepara la sedia o il posto su una panca e mi fa cenno di sedere vicina a lui. Durante la proiezione del film, nell'oscurità della sala, spesso mi sento toccare la spalla, bisbigliare all'orecchio e allungare fra le mani una mela, un biscotto, una caramella, un bicchiere di aranciata… Poi al termine del film cominciano i primi commenti alla rinfusa, ognuno parla a voce alta e copre quello che dicono gli altri, nel tentativo di attirare la mia attenzione: UN CASINO INFERNALE! Allora devo prendere in mano la situazione e cominciare a dare i turni. Effettivamente è una bella fatica, riuscire a portare il gruppo ad ascoltare senza interrompere chi vuole intervenire (e la cosa più divertente è quando sento dire sbuffando “Uffa, no, questo lo volevo dire io!”) però devo dire che nell'arco di questi quasi due mesi di incontri, si è creato un bel clima e come sempre succede, c'è un gruppetto di una decina/quindicina di partecipanti che si è proprio affezionato a questo appuntamento e mi porta regolarmente il compito scritto (una riflessione sull'ultimo film visto), oltre a dimostrarmi un grande affetto.


A Pasqua, abbiamo saltato un incontro. Quando ho detto loro che avrei viaggiato per fare una piccola vacanza, subito hanno fatto capannello intorno a me, quasi soffocandomi “Dove vai?” “Con chi vai?” “Vai con il tuo compagno?” “Quando torni?”– che tenerezza, ho risposto ad una ad una a tutte le domande e dissipato tutti i loro dubbi. Alcuni ragazzi imbronciati mi chiedevano “Non ci vediamo per due settimane?” “Ci mancherai tanto Barbarita, non sai quanto!” “Tu ti ricorderai di noi?”– ciliegina sulla torta, la processione di baci e abbracci con gli auguri più belli.

Uscendo da Chonchocorito avevo quasi le lacrime agli occhi per la commozione. Questi ragazzacci sgangherati mi danno delle emozioni veramente forti e hanno il potere di mettermi di buon umore, di farmi sentire coccolata e amata, di sentire il senso del mio camminare: ci sono momenti in cui davvero sento la potenza e l'importanza nella mia vita dell'incontro con queste persone. A volte esco dal carcere e mi sento così fortunata e grata alla vita, tanto da aver bisogno di piangere.

Stessa cosa succede con i bambini, che con i loro abbracci e i loro baci mi fanno ricordare quali sono le cose veramente importanti della vita e soprattutto “di che cosa è fatta la felicità”!

Per circa un mesetto ho accompagnato tutte le settimane la Clarita dal dermatologo, perchè le mani erano coperte di verruche, anche molto grandi. Ci davamo appuntamento davanti al carcere alle 9,30 per andare a prendere un mezzo verso Calacoto (Zona Sud di La Paz) dove c'è l'ambulatorio del medico. E nonostante la Clarita viva in una cella dove il padre la notte beve con gli amici, e al mattino non si sveglia prima di mezzogiorno, questa “piccola donna” mi ha dimostrato una grande responsabilità e capacità di autonomia: sempre puntuale all'incontro, sempre pulita, pettinata e ordinata, con la sua cartella di scuola a tracolla (nel caso facessimo tardi e non riuscissimo a rientrare in carcere per l'ora di pranzo): che tenerezza… pensavo a lei, che la sera si prepara i vestiti e quello che le serve per il giorno dopo, che si sveglia da sola e nel buio raccoglie le sue cose cercando di non inciampare su qualcuno (chissà chi?) che sta dormendo sul pavimento, che va da sola al lavandino della sezione a lavarsi la faccia e bagnarsi i capelli e poi al cancello del carcere a chiedere di uscire ai poliziotti in servizio: 8 anni.

Un giorno la vedo che mi aspetta sulla panchina del giardino di fronte al carcere e la noto un po' pallida e spenta. “Clarita, come stai? Tutto bene?” lei scoppia a piangere e mi abbraccia: “Sono stata male 2 giorni, ho mal di pancia…”. L'abbraccio e la coccolo, davvero non so che fare: torno in carcere e la porto da suo padre o andiamo dal dermatologo e magari chiedo consiglio? Beh, visto che suo padre non si è degnato di farla vedere da un medico, decido (anche se un po' preoccupata) di portarla lo stesso dal dermatologo. Nel minibus si siede sulle mie gambe e si addormenta fra le mie braccia esausta, come se crollasse dal sonno dopo due giorni di sofferenza, mi scende una lacrima mentre la guardo e le accarezzo la testa, sento che ha la febbre.

Per fortuna il Dottor G.M. è una persona squisita, ama i bambini e ha un cuore grande (sta visitando gratuitamente i bambini del San Pedro che gli porto nel suo ambulatorio privato) e si è già affezionato a Clarita, soprattutto dopo aver visto il suo coraggio e la sua grande pazienza mentre le toglieva le verruche dalle manine (ha solo fatto un “ahi!” quando le ha tolto la più grossa, che poi ha sanguinato per un bel po'). G. le misura la febbre: 38 e mezzo. Decide di non togliere nessuna verruca per quel giorno e chiamiamo subito un pediatra descrivendogli la condizione di Clarita. Prendo nota dei farmaci che dobbiamo comprare e Clarita mi dice in un orecchio “Barbara, io ho fame!” “Bene! Buon segno!”
Andiamo in un bel bar e Clarita si mangia un panino col pollo: cucciola! Non vi so dire cosa mi ha attraversato il cuore, ma vedere questa bambina “stare” nel suo malessere senza lamentarsi troppo e reagire ascoltando i segnali del suo corpo senza aspettare che qualcuno “la imbocchi”, davvero mi ha fatto una tenerezza immensa.
E nuovamente penso che queste esperienze sono il sale della mia vita, che cerco di “spendere” giorno per giorno senza “fare economia”!

Luis Espinal ha scritto una preghiera bellissima, che ad un certo punto dice: 

Spendere la vita è lavorare per gli altri, anche se non ti pagheranno;
fare un favore a chi non te lo restituirà;
spendere la vita è lanciarsi nuovamente in un fallimento, se dovesse servire, senza false prudenze…
Siamo torce che hanno senso solo se bruciano,
solo allora saremo luce…

Aggiungo che in ogni caso, “lavorare per gli altri” e “bruciare come torce” ti porta sempre un dono, un insegnamento, una consapevolezza in più – e questo non ha prezzo!

Un abbraccio a tutti dalla vostra 

lunedì 16 febbraio 2015

Il tempo vola…

Da: barbara magalotti magababa67@hotmail.com
Data: Mon, 16 Feb 2015 17:04:02 +0000






Il tempo vola, corre veloce come un treno in corsa... a volte ho come la sensazione di essere nel centro di una vertigine, di un caleidoscopio di esperienze e di emozioni che “spruzza” colori da tutte le parti... Alti e bassi si alternano e accolgo, degli uni e degli altri, la loro importanza nella mia vita... le esperienze si sedimentano nella mente e nel cuore trasformandomi, così come l'acqua che scorre, che modella la pietra, che cambia la configurazione del suo bacino o del suo corso in un eterno e irreversibile movimento. La vita mi sorprende con i suoi giochi di imprevisti e indovinelli da risolvere, con i suoi doni inaspettati e la sua tanta, incontenibile umanità...



Il lavoro in carcere è sempre fonte di insegnamento e di continua sorpresa.

Durante il mese di gennaio abbiamo fatto i lavori di ristrutturazione del Centro Educativo, e per non rischiare di annoiarmi, ho voluto coinvolgere nel lavoro un gruppo di ragazzi di una sezione di riabilitazione dal consumo di sostanze. I sei ragazzi son diventati subito quattro, dopo aver scoperto che due di loro avevano “sgarrato” e avevano comprato droga in un mio momento di distrazione... Abbiamo lavorato sodo per circa dieci giorni: tra polvere, vernice, pennelli e nasi imbiancati, tante chiacchiere, risate, riflessioni... questi quattro ragazzacci mi hanno regalato dei momenti indimenticabili! Chavi ci ha preparato il pranzo (delle delizie!!) e tra le 12 e le 13,30 ci fermavamo a mangiare insieme. Bellissimi momenti di condivisione... ma la cosa assolutamente straordinaria è stata la magia del “dopo pranzo”, del caffè... a un certo punto iniziava il “carosello” delle esperienze... ognuno, a turno, ha raccontato alcune esperienze importanti della propria vita, alcuni passi importanti della propria esperienza di crescita e della propria dimensione della detenzione, dei propri vissuti... a volte ci siamo anche inoltrati in argomenti problematici, come la situazione delle donne in paesi a forte connotazione “machista”, i diritti negati dell'infanzia, i “lutti importanti” che hanno segnato le nostre vite... è stata come una forma di “terapia di gruppo” spontanea, dove ognuno (me compresa) ha espresso la sua opinione, ha “tirato fuori i rospi” e gli scheletri dall'armadio, e anche le lacrime... senza ritegno... bellissimo... credo che momenti come questi non abbiano prezzo!



Qualche settimana fa ero in carcere quando ho saputo che avevano trovato una donna morta in una cella... il suo compagno l'aveva strangolata con il laccio di una scarpa... lui era dentro proprio per lo stesso motivo, sei anni fa aveva strangolato la sua compagna... gelosia patologica... che ritorna e non dà tregua...

Per tutto il San Pedro regnava il silenzio, una sorta di nero sortilegio che aleggiava per tutte le sezioni... non il solito trambusto, non le solite battute sconce per gli androni, non la musica assordante in alcuni angoli... sembrava tutto “fermo”, tutto “ammutolito”... tutti i parenti e gli amici in visita hanno cominciato ad uscire in fretta dal carcere... e io... invece... sono rimasta come paralizzata, non riuscivo a pensare di uscire... ho cominciato a pensare a come si potessero sentire i detenuti, le mogli dei detenuti, e soprattutto i bambini...

Come in trance sono andata a trovare alcuni detenuti nelle loro celle: David (ex-terrorista di Sendero Lunimoso) con cui abbiamo parlato per più di un'ora, oltre dell'atroce fatto accaduto, del sistema politico boliviano e peruviano, della corruzione, degli ideali, dell'onestà e della possibilità di creare una cooperativa agricola con ex detenuti; Julio il colombiano che mi ha accolto con abbraccio commovente... poi mi ha fatto uno dei suoi squisiti caffè e abbiamo tristemente parlato del fatto accaduto e di come, forse, poteva essere evitato; il padre di Alejandra, con cui abbiamo parlato dei suoi figli e della scuola per alcuni di loro, mentre Alejandra e la sorellina minore mi saltavano in braccio e reclamavano la mia attenzione; poi sono rimasta a mettere a posto il Centro Educativo, con Marcelo (il nostro guardiano) e Chavi, in un  silenzio intervallato da pianti inconsolabili... “Barbara... devi uscire, è tardi, poi non ti fanno più uscire”, Chavi era preoccupato... “Adesso vado; finisco di sistemare queste cose”... “Vai a casa, vai a riposare: domani starai meglio, Barbara” mi diceva Marcelo... facevo fatica ad andarmene via... avevo bisogno di sentire che il lavoro che faccio, il progetto che porto avanti al San Pedro, le energie che metto in gioco non siano inutili... avevo bisogno di vivere questo momento con chi ci “deve” star dentro per forza... poi, quasi al pelo con l'orario di uscita possibile, ho cominciato a prepararmi per uscire. Chavi mi ha accompagnato al cancello e quando il poliziotto mi ha aperto, Chavi mi ha abbracciato forte e mi ha guardato negli occhi con una intensità di cui avevo proprio bisogno... ho fatto davvero fatica ad uscire... come se avessi paura di non aver più il coraggio di rientrare i giorni seguenti... che tristezza e che dolore, che senso di impotenza...



Chi entra al San Pedro è davvero lasciato a sé stesso, senza una cura, senza attenzione ai suoi bisogni e i suoi problemi psicologici/psichiatrici, oltre che legali, e senza alcun rispetto per i suoi diritti umani: vale per i detenuti come per chi vi entra suo malgrado... come i bambini... o le compagne dei detenuti... è per questo che con determinazione, con ostinazione e caparbietà cercherò in tutti i modi di aprire un Centro per accogliere i figli dei detenuti e, a questo punto, anche le loro madri... è un sogno? Un'utopia? Non lo so... ma è quello che l'esperienza di questa mia vita mi sta chiedendo di fare!!!

Tanti anni fa (avevo forse vent'anni) scrissi quella che allora definii una “poesia”, ma era più la “sincresi”, il condensato della percezione di una sensazione, di una intuizione:

Si consuma in vortici di colori, la vita. Ed è solo il tempo a determinarne le sfumature.

... alti e bassi di emozioni... caleidoscopio in continuo movimento... carosello di percezioni... la vita in tutte le sue possibili sfaccettature...

Grazie Vita... grazie perché mi dai continui stimoli... grazie perché mi ricordi ogni giorno la fortuna di avere tanti amici, tante persone che amo e che mi amano... grazie perché mi fai sentire anche il dolore, e la profondità della tristezza che risveglia dentro di me la voglia di luce e di cambiamento... grazie perché mi stimoli a cercare vie alternative per arrivare a spazi aperti e liberi! Grazie di tutte le tue sfumature!!!

Un abbraccio forte e con mille sfumature di affetto dalla vostra Barbara!

venerdì 2 gennaio 2015

Buon Natale da La Paz!

Da: barbara magalotti magababa67@hotmail.com
Data: Natale 2014

 
Carissimi amici,

mi devo imporre di fermarmi anche solo 5 minuti, per darvi mie notizie: da quando sono arrivata a La Paz non ho avuto veramente un attimo di respiro e anche ora che vi scrivo, sto rubando tempo alla redazione delle relazioni trimestrale e annuale che devo consegnare entro domani al Ministero di Governo…

Volevo solo farvi sapere che sono viva, anche se affogata letteralmente da emergenze, impegni, milioni di attività con i bambini (sopra tutto IL CAMPEGGIO!!!) e immancabili casini burocratici (il mio incubo!!!). Come sempre la mia fantozzianaggine mi accompagna: quando sono arrivata a La Paz, le valige non c'erano (arrivate dopo 2 giorni), all'aeroporto si sono dimenticati di mettermi il timbro di ingresso (dunque son dovuta correre all'ufficio dell'immigrazione, fare la fila e farmi timbrare il passaporto) e, ciliegina sulla torta, la casa era allagata: ho avuto muratori, idraulico, parquettista e vari fino alla settimana scorsa: lascio a voi l'immaginazione…
Ma meno male che ci sono i bambini!




Tre giorni di campeggio con i bambini del San Pedro sono come un mese di training duro alla sopravvivenza fisica ed emozionale!!! Questi “piccoli delinquenti” ti assorbono ogni alito d'energia, ma hanno la capacità di tirar fuori le emozioni più profonde e belle… e la soddisfazione più grande me l'hanno data frasi come: “Qui è bellissimo! Rimaniamo due settimane?” o “Che belle le nostre “celle”, sono pulite e hanno tanto finestre!! Guarda che bel panorama!!” “Hermanita, come stiamo bene qui, e voi siete come le nostre mamme!”… una tenerezza infinita!!!

Qualche giorno dopo dal rientro dal campeggio la piccola Alejandra mi corre incontro tutta sorridente e saltandomi al collo mi dice “Barbara! Lo sai che adesso ho un letto tutto per me???!!! Da ieri sera ho un materasso mio e dormo nello scaffale soppalcato in alto, nella cella del mio papà!!! Lo vieni a vedere???” l'ho stretta forte forte e ho gioito con lei della bella notizia, per questo inaspettato e tanto importante  “regalo di Natale”, anche se nel mio cuore e nella gola c'era un nodo che voleva strizzarmi gli occhi e fare uscire qualche lacrima. Questa bambina mi ha messo di fronte alla mia piccolezza, al mio ridicolo senso di orgoglio, e mi ha dato una lezione magistrale: quanto è vero che devo assolutamente rivedere il metro delle mie priorità e fare un bel bagno di umiltà.

La festa di Natale organizzata dal nostro Centro come tutti gli anni è andata benissimo! Quest'anno oltre alla Cioccolattata e allo spettacolo degli attori del Teatro Trono, anche i nostri bambini (quelli che hanno partecipato al corso di Teatro durato da maggio a dicembre) hanno recitato… CHE BELLI!!!!! Sono andata in giro per il carcere a chiamare mamme e papà dei bambini perchè assistessero a questo evento. I bambini erano emozionatissimi, e anche molto orgogliosi di presentare le loro opere davanti a un pubblico molto numeroso ed io ero emozionata con loro, perché effettivamente era la prima volta che si esibivano davanti a qualche centinaio di persone: credo che questa giornata gli si sia stampata nella mente e nel cuore e ricorderanno tutta la vita questo bel momento… e anche per me è stato un regalo grandissimo, vederli sorridere, essere soddisfatti di loro stessi, aiutarsi a vicenda nel ricordare le parti, riuscire ad organizzarsi nelle comparse e nei turni di recitazione… essere, per un momento delle loro vite, i protagonisti della scena, e SENTIRSI FELICI!

Ecco qua… questi sono i “miei”bambini, i miei maestri, i miei angeli, e anche il mio punto di riferimento, la bilancia dei miei sentimenti e anche dei miei valori: sono il mio regalo di Natale prezioso e unico e che voglio condividere con voi!



Vi abbraccio tutti con affetto e insieme ai bambini del San Pedro vi auguro con tutto il cuore un Natale pieno di amore!

La vostra Barbara
      

Mille possibili Vigilie

Da: barbara magalotti magababa67@hotmail.com
Data: Thu, 1 Jan 2015 22:33:07 +0000
  

Oggetto: Mille possibili Vigilie 

Ecco sdoganato anche il 2015! Davanti a noi un altro anno pieno di nuovi obiettivi e mete, di speranze e propositi...

Come spesso accade, devo al San Pedro e ai suoi “abitanti” molte delle riflessioni che mi hanno accompagnata e continuano ad accompagnarmi in questi giorni, e che in certi momenti si trasformano in “vampate di emozioni” che reclamano a gran forza l'uscita e l'espressione fisica: le lacrime.

La riflessione più ridondante in questi giorni è quella del senso della “Vigilia” come momento di “veglia”, di attività e di “insonnia volontaria” nell'attesa di un evento preciso, nell'attesa di un “domani” portatore di valore....e proprio come vuole il termine, tutta la settimana precedente al Natale, è stata per me un susseguirsi di impegni e di lavoro, di visite ai detenuti e alle famiglie dei bambini, di intensa attività sociale e umana, come una “insonnia volontaria” di preparazione al Natale...e la vigilia di Natale in carcere è stata veramente “Vigilia”...



 Nella sezione di Chonchocorito, con i miei allievi del corso di italiano di quest'anno, abbiamo condiviso il pranzo: le tanto agognate lasagne del mitico Lucio! Ho radunato una quindicina di galeotti e abbiamo passato un paio d'ore molto belle, dove a parte le grandi risate e le solite battute sconce da scaricatori di porto, abbiamo parlato del senso della Libertà e della Detenzione/Dipendenza. Abbiamo parlato di come Libertà non significhi solo il fatto di non essere in prigione, ma possa avere tante facce: Libertà fisica, psicologica, mentale, emotiva… di come la Dipendenza (fisica o psicologica, da sostanze, da persone, dal denaro, dal gioco, da certe relazioni, ecc.) possa costituire una forma di Detenzione ancor più subdola e opprimente della detenzione fra le quattro mura di un carcere...quasi tutti i ragazzi hanno detto la loro in merito, e ad un certo punto si è proprio creata la dimensione del dibattito con una partecipazione molto sentita. Qualcuno ha anche raccontato qualche aneddoto sulla propria vita, rimarcando l'importanza di non perdere mai la Speranza, questo valore così importante e così intimamente connesso con il valore della Libertà:  la Speranza in una vita diversa, diventa il trampolino di lancio per la Libertà di Cambiare, Libertà di Sognare, Libertà di Immaginarsi e sperimentarsi mentalmente con un nuovo “Io” più positivo e propositivo!

Mi viene da dire: Speranza come “Vigilia” della Libertà e di una Nuova Vita.





 
Dopo il pranzo, e la bellissima chiacchierata con i galeotti di Chonchocorito, Julio il Colombiano era già pronto con il suo caffè fumante che abbiamo condiviso con Marcelo e Miguel nella sua cella (piccola ma tanto accogliente) insieme ad un buon panettone “che fa sempre tanto Natale!!”. Qualche giorno prima avevo chiesto a Julio (noto per le sue doti culiniarie da maestro fornaio!) di prepararmi qualcosa di buono da portare ai “disgraziati” di Muralla… e chiaramente lui, nonostante il giorno di festa e la colica renale della settimana prima (ovviamente niente ospedale, niente visita medica, niente visita specialistica e niente ecografia… perché sotto le feste non c'è sufficiente personale della polizia e dunque non c'è la disponibilità di accompagnarlo fuori dal carcere…), mi ha risposto tutto felice che era un gran piacere darmi una mano, e che lo avrebbe fatto col cuore e con affetto, soprattutto perché era per far passare una bel momento agli “Ammurallati”… Dunque tra un caffè, un panettone e due chiacchiere ho potuto osservare Julio che lavorava l'impasto del pane, farciva i panini con dei piccoli wurstel e una salsa piccante (dove diavolo li aveva trovati???), infornava, controllava, spennellava con albume d'uovo i panini a metà cottura, per dar loro un'aspetto dorato: ha ripetuto tutta la sequenza per due o tre padelloni fino a sfornare una cinquantina di panini: un vero e proprio artista all'opera, che si muoveva in quel metro quadrato come in una danza, come se si fosse trovato in una grande cucina di un forno artigianale… sempre con il sorriso e la battuta pronta a sdrammatizzare la propria condizione detentiva, il fatto di avere la famiglia lontana, la sua colica renale e l'impossibilità di andare all'ospedale a farsi visitare da uno specialista... Poi, per completare l'opera mi ha preparato due scatole di cartone dove ha confezionato con cura i panini, affinché potessi arrivare al cancello d'ingresso e poi a Muralla, senza strane  “perdite” di viveri per la strada…

La cucina e il lavoro creativo di Julio come piacevole Vigilia, ed energia positiva per  contribuire al bel momento con i detenuti di Muralla.







Durante il tragitto dall'ingresso del carcere alla Sezione Muralla, camminando per il buio e stretto corridoio, mi viene spesso da pensare al senso di Isolamento e Segregazione che possono vivere i detenuti che vi abitano. Ma arrivati in fondo al corridoio, il puzzo di piscio e di sporco ti penetra nelle narici e nei polmoni così profondamente, che mentre  aspetti che il poliziotto riesca ad aprire il lucchetto arrugginito che sigilla la porta di ferro, paradossalmente non vedi l'ora di entrare: per non dover continuare ad assorbire quell'odore nauseabondo e rivoltante! “Quanto state?” “Portiamo dei panini ai detenuti e facciamo due chiacchiere… una mezzoretta sicuro!” 

Il poliziotto ci apre la porta di ferro mezzo sgangherata e ce la richiude dietro le spalle, sbattendola forte. “È arrivata l'hermana Barbara!! Venite ragazzi!!!”

Cominciano a far capolino dalle “tane” baraccate i disgraziati di Muralla, sorridenti, contenti… glielo avevo promesso che sarei passata il 24 per fare loro gli auguri di Natale, come tutti gli anni! Il delegato di Sezione mi abbraccia e ci accomodiamo tutti nella piccola cappellina che hanno ricavato in mezzo alle celle: una stanzetta di circa 4 mt. x 2 , che hanno ristrutturato e riverniciato loro stessi, e che viene utilizzata per fare le riunioni di sezione e per accogliere gli ospiti che di tanto in tanto vanno a salutare i detenuti. Ci sediamo tutti in circolo e Ricardo mi chiede di dire due parole. Sono un po' emozionata, però saluto i ragazzi “Cari amici! Grazie per la vostra bella accoglienza, auguro a tutti voi un buon Natale e soprattutto calma, determinazione e forza per andare avanti in questa situazione detentiva. Spero davvero che al più presto si sbroglino tutte le vostre situazioni legali, sia per chi è in attesa di libertà, per chi è in attesa di sentenza, per chi di uscire dall'isolamento… e per chi invece ha una condanna molto lunga auguro di mantenere la calma e considerare questo momento della vita come un momento di riflessione. Auguro a tutti voi e anche a me stessa la serenità di affrontare i problemi di tutti i giorni…”, poi chiedo ai ragazzi di dire ad alta voce il loro nome, un proponimento e un desiderio per il futuro. Tutti ascoltano in silenzio le brevi parole che ognuno pronuncia: chi si augura di uscire presto, chi di poter riabbracciare la famiglia, chi augura salute e serenità alla sua famiglia nonostante lo abbiano dimenticato, chi si ricorda degli ammalati negli ospedali gli anziani e le persone sole, chi di mantenere l'ottimismo e la speranza qualunque cosa succeda, chi mi augura personalmente salute e forza per continuare nel mio volontariato con i detenuti… l'emozione aumenta e quando terminano di fare il giro riprendo la parola e li ringrazio col cuore, perché ognuno di quei desideri era anche il mio… la commozione è grande e le lacrime cominciano ad uscire, con qualche singhiozzo… un giovane ragazzo ecuadoreño mi passa la sua carta igienica e con gli occhi lucidi mi guarda sorridendo con una profondità che mi trafigge il cuore… mi trovo in mezzo ad una cinquantina di persone detenute, in isolamento, e non so perché proprio loro riescono a risvegliare in me il profondo senso della condivisione e della solidarietà. Proprio loro che sono dimenticati dalle loro famiglie, dallo stato, dalla legge, proprio loro che forse avrebbero ragione di maledire il mondo invece pregano per gli anziani, per i loro familiari, per le persone sole e per gli ammalati negli ospedali, perchè loro sì che stanno male, e stanno molto peggio di quanto non stia un detenuto in un carcere…
Mentre distribuisco i panini ad uno ad uno i ragazzi mi salutano, mi ringraziano e mi augurano le cose più belle.

È passata quasi un'ora e non ce ne siamo accorti… il delegato di sezione e qualche detenuto mi accompagna alla porta di ferro chiacchierando. Un ragazzo mi chiede se non ho paura a lavorare al San Pedro e Ricardo risponde “Ahi no! Desde cuando la conozco, la Barbarita siempre anda solita y nunca se desanima!” Mi viene da sorridere: è vero, ormai il San Pedro è come casa mia, dunque vado sempre sola, come tra le stanze di una casa che conosco molto bene, ma sul fatto di non disanimarmi… beh, a volte un misto di rabbia e frustrazione mi fanno sentire impotente e incapace di risolvere le situazioni e passo momenti di incazzatura e impazienza pesanti…

Ma come dico sempre: Per fortuna ci sono i bambini! E per fortuna ci sono i miei amati galeotti, che con la loro semplicità e rozzaggine, ma con una profondità senza eguali, mi sanno far ritrovare il mio “Nord” e la voglia di proseguire in questo strano cammino che mi sono scelta!

“Feliz Navidad Barbarita, que Dios te bendiga siempre! Gracias por estar con nosotros en Nochebuena”. Grazie a voi ragazzi, per questo bel regalo che mi avete fatto...

Una Vigilia di Natale nel vero senso della parola!


L'altra sera mi arriva un sms  da un numero sconosciuto: comincio a leggere e poi man mano capisco…

“Barbara, grazie per averci donato un Natale bellissimo, soprattutto a chi di noi ha la famiglia lontana. Ti auguriamo sempre il meglio e che questo nuovo anno 2015 sia pieno di benedizioni. L'amore, la speranza, la forza e la salute siano nella tua vita. Noi ti pensiamo sempre. Specialmente quando non riusciamo a capire le nostre colpe e le nostre sconfitte, anche solo incontrando un'anima come la tua, la vita ritrova il senso per amare, essere, ed essere vissuta. Grazie. Ricardo Muralla”… ho il nodo alla gola e una lacrima scende mentre leggo fino alla fine…

Sento in queste parole tutta la forza dell'umiltà e della speranza: sento nel mio cuore una commozione forte, per questo augurio di “Buon Anno” così profondo e prezioso…

Mi sento piccola piccola. Ma cammino… muovo questi primi passi nel 2015 con il bagaglio leggero dei miei sogni e delle mie speranze!

Buon anno a tutti, con tutto il cuore!

La vostra Barbara